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Trenta minuti di treno separano l’Europa dall’Africa. È il percorso dell’enorme tunnel ferroviario sottomarino che, attraverso un tratto lungo lo Stretto di Gibilterra, potrebbe presto collegare la costa della Spagna con quella del Marocco.
Gli occhi degli operatori sono puntati sulle nuove prove che l’Europa si trova ad affrontare. La prova maggiore arriva direttamente dall'IRA, Inflation Reduction Act, programma lanciato dal Presidente Joe Biden.
C’è un’importante classifica che va riscritta: nei giorni scorsi l’India è diventata la Nazione con più abitanti al mondo. I numeri esatti sono difficili da rilevare, ma secondo i calcoli dell’Onu, in aprile, il Paese ha superato quota 1,425 miliardi di individui.
Dopo una decina di anni in cui non dava più notizie di sé, l’inflazione torna di nuovo a rappresentare un motivo di preoccupazione. Molti esperti sono convinti che, non appena l’economia avrà nuovamente ripreso a girare a pieno regime, scatterà anche una corsa dei prezzi e a velocità che non si vedevano da tempo.
Se l’Italia fosse un’azienda, Mario Draghi verrebbe definito un turnaround manager, uno di quei dirigenti chiamati nei momenti di crisi a ristrutturare in fretta e furia i conti, rimettere mano ai piani di costi e per rilanciare il business. Il momento per l’Italia è di difficoltà e la pandemia rischia di peggiorare un quadro già complicato.
L’era di Joe Biden è partita con una cerimonia di insediamento senza precedenti nella storia degli Stati Uniti. Per la prima volta all’evento non si sono viste le folle che ogni volta accorrono da tutto il Paese per salutare il nuovo presidente, né si è vista la parata lungo Pennsylvania Avenue a Washington.
Non scorderemo facilmente l’anno che sta per terminare. Segnato dalla pandemia e da una crisi economica senza precedenti, il 2020 resterà profondamente vivo nelle nostre memorie. Nonostante gli eventi negativi che si sono succeduti, l’ultimo scorcio dell’annus horrobilis del Coronavirus ha comunque portato qualche svolta positiva. E saranno proprio queste ultime novità a offrire un contributo per un 2021 meno avverso.
È ormai chiaro che Joe Biden sarà il nuovo Presidente degli Stati Uniti. Il recente via al processo di transizione concesso dal Presidente uscente Trump, dopo settimane di resistenze, ha sicuramente accelerato il passaggio. Il candidato democratico entrerà alla Casa Bianca accompagnato dal suo mantra «Buy American» che andrà a rimpiazzare le parole «America First» che hanno marchiato i quattro anni di presidenza Trump.
Per qualche tempo relegato in secondo piano, il conflitto tra Stati Uniti e Cina rischia di irrompere nuovamente con forza sulla scena. A rimetterci sarebbe l’Europa, di nuovo vaso di coccio in mezzo a due giganti dell’economia. La lite, questa volta, è stata innescata dall’applicazione TikTok, che fa capo alla società cinese ByteDance.
Alla fine il grande salto in avanti per l’Europa è arrivato e, per dirla con le parole pronunciate da Angela Merkel, segnerà «l’inizio di una nuova era per l’Unione europea».
Per il Vecchio Continente si avvicina il momento delle decisioni. Dopo mesi di discussioni e incagli, a metà luglio (17 e 18) si terrà a Bruxelles il summit dei leader Ue. L’atteso appuntamento dovrebbe rendere più concreto il Recovery Fund, il fondo per la ripresa da 750-500 miliardi di euro voluto da Germania e Francia con l’obiettivo di risollevare le sorti dell’economia europea alle prese con l’emergenza Covid.
Lo sguardo degli operatori è nuovamente rivolto all’Asia. A poco più di quattro mesi dalla firma della fase uno dei trattati commerciali riemergono di nuovo le scaramucce tra Usa e Cina. Questa volta l’epicentro della disputa è Hong Kong, la nuova Berlino di quella che potrebbe diventare la cartina geografica della Guerra Fredda del nuovo Millennio.
I mercati finanziari, si sa, guardano sempre avanti. In questi giorni stanno già provando a immaginare come saranno i mesi che arriveranno dopo la fase più critica della pandemia. Se le notizie di marzo sui numeri tragici del Coronavirus avevano mandato in tilt le Borse, ora inizia a comparire un po’ di fiducia nel futuro dell’economia.
L’emergenza Coronavirus ha portato con sé anche un’inconsueta serie di violente oscillazioni sui mercati. Mai era successo che a picchi di rialzi, anche sopra al 10%, seguissero subito repentine ricadute di altrettanta entità.
L’irruzione del Coronavirus sulla scena globale ha costretto i mercati finanziari a una brusca penitenza. Reduci dall’euforia dei nuovi massimi, di colpo hanno dovuto piegare la testa al diluvio incontrollato delle vendite. In queste ore è difficile valutare a fondo l’evolvere del quadro.
L’inizio d’anno ha portato nuove paure sulla scena internazionale. Questa volta l’attenzione è stata catturata dalle notizie sul nuovo Coronavirus e sulla rapida diffusione dei contagi in molti Paesi. Il timore è che il virus, che è stato segnalato per la prima volta in dicembre in Cina nella popolosa città di Wuhan, possa trasformarsi in una pericolosa pandemia.
Guardare all’anno di Borsa che verrà è come cercare di indovinare che regalo ci attende sotto l’albero di Natale. Le aspettative, si sa, a volte sono destinate a fallire. Difficile dire con certezza che cosa accadrà sui mercati nel 2020. E’ però un esercizio che gli economisti ripetono puntualmente a ogni scadere del vecchio anno.
Le ultime settimane dell’anno riportano l’attenzione degli operatori sulla Brexit. Il conto alla rovescia per le elezioni politiche nel Regno Unito è iniziato (la chiamata alle urne è fissata per il 12 dicembre) e gli investitori si chiedono quali potranno essere gli effetti sui portafogli.
Le «Borse politiche» hanno sempre le gambe corte. È una delle tante massime cui guardano i money manager nel decidere le scelte da fare. Significa che gli eventi politici internazionali, anche se di rilievo, hanno solo un influsso passeggero sull’andamento dei listini che, invece, guardano ai numeri delle società quotate.
Le discussioni sul clima hanno dominato la scena globale in quest’ultima parte di settembre. La lotta ai cambiamenti climatici è ripartita dal summit dell’Onu a New York dove 66 Paesi, 102 città e 93 imprese si sono impegnati a raggiungere zero emissioni entro il 2050.
Gli investitori si preparano alla pausa estiva accompagnati da una raffica di notizie positive che hanno rasserenato il clima sui mercati, anche se non sono del tutto fugati i timori che il sereno possa lasciar spazio alle nuvole.
La guerra commerciale tra Usa e Cina continua a dominare l’andamento dei mercati. In particolare, il tweet di Donald Trump del 5 maggio scorso ha segnato una nuova escalation nella disputa che, ormai, dura da più di un anno. Probabilmente questo tweet troverà posto nei libri di storia.
Tiene da mesi gli investitori con il fiato sospeso. La guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina rimane un driver importante per i mercati finanziari.
I dati macroeconomici pubblicati di recente sono risultati meno positivi di quelli del mese precedente, ma comunque coerenti con un ritmo di crescita del 2.5% annuo.
Accantonati i timori sulla stabilità dei mercati finanziari internazionali e sul ciclo degli emergenti la FED si è concentrata sulle dinamiche interne.
I dati di maggio forniscono una lettura dello scenario USA leggermente più costruttiva, ma sempre in linea con le nostre attese. Il significativo rimbalzo delle vendite al dettaglio, in qualche modo auspicato data la tonicità del mercato del lavoro e i livelli elevati di fiducia dei consumatori, porta la stima della variazione del PIL del secondo trimestre in prossimità del 3%.
Recentemente le statistiche sulla crescita hanno deluso le attese. Nulla che abbia portato a rivedere lo scenario per il 2015, ma indicazione che forse i tassi attuali di crescita del PIL al 3% possono eccedere il nuovo potenziale dell’economia americana nell’era post Grande Recessione.
Settimana non particolarmente densa di statistiche macroeconomiche, e quelle divulgate non hanno aggiunto nulla alla descrizione dell’economia fatta nelle settimane scorse.
Il numero di statistiche macroeconomiche diffuse in settimana è stato di una certa entità, anche se una visione di sintesi dei numeri non porta a introdurre elementi di novità nello scenario delineato nelle scorse settimane.
Archiviato il terzo trimestre con un progresso del 4,1% (rispetto al trimestre precedente, dato annualizzato) l’anno dovrebbe chiudersi in tono minore, grazie al venir meno di parte dell’effetto scorte.
Settimana decisamente “povera” di dati macroeconomici. Le uniche statistiche di rilievo hanno riguardato la fiducia degli imprenditori nel comparto della piccola e media impresa e il dato settimanale (e quindi volatile) dei sussidi alla disoccupazione.
I dati di maggior interesse sono stati quelli relativi al PIL del terzo trimestre, risultato in accelerazione (2,8% trimestrale annualizzato) rispetto alla media del 2% a cui si è mossa l’economia americana da dopo la recessione e quelli relativi al mercato del lavoro.
Il dato più importante del periodo, quello relativo al mercato del lavoro, non è stato pubblicato a causa della chiusura degli uffici pubblici conseguente al mancato accordo sul budget federale.
In settimana l’esito delle statistiche economiche è risultato nel complesso al di sotto delle attese, sia per quanto riguarda gli indicatori di sentiment (preliminare PMI e fiducia dei consumatori) che per i numeri di economia reale (ordinativi di beni durevolei e redditi/consumi delle famiglie).
Rispetto allo scorso mese vi è stato un miglioramento nei principali indicatori anticipatori. Sono infatti ora in trend chiaramente ascendente l’indice ISM, la fiducia delle piccole-medie imprese ed il leading indicator.
L’esito dei dati diffusi in settimana è risultato misto, dato che le vendite al dettaglio hanno deluso le attese, e rafforzato l’aspettativa di una decelerazione del PIL in Q2 rispetto al Q1, il leading indicator non ha fatto registrare progressi, e per contro la fiducia del mercato immobiliare ha fatto registrare un nuovo massimo post recessione.
In settima è stato diffuso l’importante sondaggio sulla fiducia degli imprenditori manifatturiueri e le attesissime statistiche sul mercato del lavoro, punto di riferimento per i mercati circa l’operato della FED nei prossimi mesi.
L’economia americana continua a fornire segnali incoraggianti. Il mercato immobiliare prosegue nel processo di lento e graduale miglioramento (476.000 case vendute in maggio), i redditi e la capacità di spesa sono cresciuti, sempre in maggio, dello 0,5% e dello 0,3% rispettivamente (contro tassi di crescita negativi del mese precedente), la fiducia dei consumatori fa segnare un nuovo massimo dal 2007, gli ordini di beni sono in progressione del 3,6%.
L’economia americana continua a fornire segnali incoraggianti. Il mercato immobiliare prosegue nel processo di lento e graduale miglioramento (476k case vendute in maggio), i redditi e la capacità di spesa sono cresciuti sempre in maggio dello 0,5% e dello 0,3% rispettivamente (contro tassi di crescita negativi del mese precedente), la fiducia dei consumatori fa segnare un nuovo massimo dal 2007, gli ordini di beni sono in progressione del 3,6%.
Negli Stati Uniti non sono state pubblicate statistiche macroeconomiche di rilievo, lasciando alla reportistica aziendale il compito di fornire nuove informazioni circa i fondamentali delle imprese USA.
Nel complesso i dati della settimana sono risultati leggermente al di sotto delle attese, in particolare hanno deluso il leading indicator e l’indice di fiducia del settore immobiliare, che ha fatto registrare la terza contrazione consecutiva.
In questa fase i driver della crescita americana, che rimane sempre modesta, sono essenzialmente di natura interna, e riconducibili alla ripresa del mercato immobiliare e alla tenuta dei consumi.
L’avvio d’anno si caratterizza per un miglioramento degli indicatori di fiducia a livello mondiale, come illustrato dal grafico, che mette in relazione la fiducia degli imprenditori manifatturieri e la dinamica del PIL mondiale.
Settimana piuttosto leggera per quanto riguarda le statistiche macro e con l’esito delle medesime in parte alterato dai primi effetti dell’uragano Sandy. I sussidi alla disoccupazione e i sondaggi manifatturieri per le regioni di New York e Philadelphia hanno subito chiaramente l’effetto negativo dell’uragano.
L’esito delle elezione americane è risultato quello a cui i commentatori economici avevano attributo il numero maggiore di probabilità. Per l’Esecutivo rinnovo del mandato ad Obama e per il Legislativo bilanciamento di potere tra Democratici (vincitori al Senato) e Repubblicani (vincitori alla Camera).
Ciò che sta emergendo dai dati americani delle ultime settimane è un modesto miglioramento delle componenti domestiche della domanda, consumi, mercato immobiliare e fiducia dei consumatori a cui si accompagna una perdita di vigore del settore manifatturiero legata soprattutto al calo del commercio internazionale.
Settimana “leggera” per quanto riguarda le statistiche USA. Il livello di fiducia nella piccola media impresa è risultato leggermente al di sotto delle attese, si è assistito ad una significativa discesa nei sussidi alla disoccupazione e vi è stato un vistoso aumento nella fiducia dei consumatori.
A inizio anno gli aspetti positivi dell’economia americana erano soprattutto da ricercarsi in una certa vitalità del settore manifatturiero (si veda il grafico sopra riportato) e in segali di stabilizzazione sul mercato immobiliare.
Anche questa settimana i dati economici americani sono risultati nel complesso al di sotto delle attese, anche se l’entità delle delusione in molti casi non è stata particolarmente elevata.
La settimana ha presentato ancora un insieme di statistiche contrastanti. Da un lato i dati sull’attività e fiducia nel settore immobiliare continuano delineare una ripresa nel settore epicentro della recessione del 2008, tanto che divengono sempre più concrete le aspettative di una inversione di tendenza nella dinamica al ribasso dei prezzi delle case (si veda il grafico sotto riportato); dall’altro si osserva un rallentamento, al margine, nella fiducia e nei dati relativi al settore manifatturiero.
Settimana povera di evidenze dal punto di vista macro. Il timore che anche per quest’anno vi sia la possibilità di vedere un rallentamento della crescita a partire dalla primavera, come già successo nel 2010 e soprattutto nel 2011, non ha trovato conferma nei dati recenti.
Le ultime settimane sono state caratterizzate da un ritorno della volatilità sui mercati finanziari in buona parte riconducibile al riaffiorare dei problemi relativi ai debiti europei, ma anche a seguito di alcuni dati macroeconomici al di sotto delle attese negli USA.
I dati mensili sull’economia USA continuano ad essere moderatamente favorevoli, tanto che le case di investimento che si collocavano nella parte bassa della forchetta di consenso hanno rivisto leggermente al rialzo le stime per il primo trimestre a valori prossimi al 1,5% rispetto al precedente 1%.
Recentemente i dati americani sono risultati nel complesso al di sotto delle aspettative, come mostra il grafico sotto riportato. Tuttavia a nostro avviso questo è avvenuto più per un aumento delle aspettative a seguito di dati macro più favorevoli che non per un deterioramento delle statistiche recenti. Infatti anche questa settimana il trend sottostante dell’evidenza macroeconomica è risultato favorevole, semplicemente le aspettative si erano posizionate su livelli elevati e quindi si sono verificate delle parziali delusioni.
Settimana ricca di eventi per quanto concerne lo scenario macroeconomico americano, dall’esito nel complesso positivo. Dal fronte dell’economia reale sono da segnalare i dati positivi sugli ordinativi di beni durevoli, che indicano la volontà delle imprese di espandere la quota di risorse da destinare all’investimento.
Il 2024 si annuncia come l’anno di inversione sui tassi. Alcune banche italiane saranno più penalizzate di altre, specie quelle che non hanno fabbriche prodotto. Carlo De Vanna, Senior Fund Manager di Ersel Asset Management, ne parla a We Wealth.
L’Italia starebbe valutando la cessione di alcune quote di minoranza di società partecipate, secondo Bloomberg. Ferrovie dello Stato nel mirino. Carlo De Vanna, Senior Fund Manager di Ersel Asset Management, ne parla a We Wealth.
"I Btp non riparano del tutto dall’inflazione, diversificate a lungo termine nei bond corporate e nelle azioni". Andrea Rotti, Amministratore Delegato Ersel, ne parla a La Stampa.
Andrea Rotti, Amministratore Delegato Ersel, parla a We Wealth del metodo che la società ha sviluppato nel corso di una lunga esperienza e di come oggi appare particolarmente adatto ad affrontare uno scenario sfidante.
Negli ultimi anni gli istituti del nostro Paese hanno quasi raddoppiato i loro livelli medi di patrimonializzazione. Il percorso più probabile è quello di una maggior restrizione del canale del credito. Parla Andrea Rotti, Amministratore Delegato Ersel, a La Stampa.
No a facili entusiasmi dopo il rimbalzo di Wall Street. Le opportunità legate all'obbligazionario. Parla Andrea Rotti, Amministratore Delegato di Ersel.
In questo video Andrea Rotti, Amministratore Delegato di Ersel fa il punto su inflazione e rischi di recessione, con un'analisi della situazione economica e dei mercati.
Si è tenuto martedì 13 aprile 2021 il convegno digitale organizzato da Ersel dedicato ai piani per la ripresa dell’Italia nel contesto europeo.
I primi mesi dell'avvenuta Brexit e le politiche economiche e monetarie stabilite dal nuovo presidente degli Stati Uniti sono tra le variabili più importanti di questo avvio di anno, secondo Federico Taddei (in foto), Direttore Commerciale di Ersel.
Azioni e bond cinesi. Subordinati bancari. Strategie alternative. È la ricetta di Andrea Rotti, AD di Ersel, per superare la seconda ondata di contagi. "Gli high net worth" dice a WeWealth "devono sposare l'approccio degli istituzionali e dare più fiducia ai private market".
Un convegno digitale multidisciplinare per tentare di dipanare il complesso intreccio di urgenze sociali, sanitarie ed economiche. L'evento si è tenuto il 7 ottobre 2020.
Il settore della gestione degli investimenti sta vivendo una fase di profondi cambiamenti. In un contesto di margini in calo e costi in salita, le società del comparto puntano sempre di più sul consolidamento.
La ripresa deve fare i conti con rapporti commerciali legati a temi strategici e geopolitici che dividono le due grandi potenze.
Lo scenario dei mercati finanziari è complesso e richiede scelte ponderate. Occasioni di rendimento sui Treasury e sull'azionario dei paesi emergenti.
Fa premio sulla clientela anche l'offerta di servizi di analisi importanti per monitorare in modo completo il patrimonio.
Piccoli movimenti al ribasso diventano voragini, ma offrono anche occasioni di acquisti a sconto.
Da gennaio ad oggi i risultati sono stati deludenti, con l'eccezione dell'hi-tech americano. Wall Street, nonostante la complicata vicenda dei dazi, resta la favorita del breve periodo. (...) Sul fronte obbligazionario le emissioni ad alto rendimento di marca europea piacciono di più.
Ersel negli ultimi anni ha visto crescere il numero dei clienti privati che desiderano essere serviti facendo ricorso alle competenze dell'ufficio di Londra, strutturato per meglio rispondere alle loro esigenze e aspettative.
Nell'azionario c'è ancora spazio per investire, più sugli USA che in Europa, meno favorevole il quadro nel settore obbligazionario
Giovedì 5 aprile 2018 presso l'Aula Magna del Comando per la Formazione e Scuola di Applicazione dell’Esercito di Torino si è tenuto il convegno organizzato da Ersel dal titolo "Giochi da grandi. l'Italia e il mondo nel 2018".
L’estate 2017 passerà agli annali per essere stata una delle più tranquille dal punto di vista finanziario. Nonostante alcune tensioni di carattere geopolitico, gli investitori hanno preferito continuare a guardare al contesto di crescita di riferimento.
Il secondo semestre si annuncia spinoso per il reddito fisso (...). "Ma è in Europa che conviene essere più cauti", osserva Carlo Bodo, responsabile del team obbligazionario di Ersel AM e gestore del fondo Leadersel flexible bond, lanciato di recente.
Le scelte di investimento di Ersel protagonista dell’appuntamento annuale de Il Sole 24ORE con i money manager delle principali case di gestione italiane ed estere. E' intervenuto Andrea Rotti, Direttore Gestioni Patrimoniali Ersel.
La crisi del mese di agosto ha dimostrato quanto possa essere dirompente la relazione tra politica, finanza ed economia reale, sempre più interdipendenti tra loro.
Se si osserva nel complesso, lo scenario economico internazionale relativo al 2011 non offre, apparentemente, molti spunti ottimistici. A un'analisi più attenta non mancano elementi positivi attraverso i quali è possibile intravedere, tra le tante e diffuse difficoltà, alcune positive strategie di investimento.
Nel momento in cui dalla Spagna arrivano minacce pesanti per l'economia europea, potrebbe sembrare azzardato puntare su titoli legati a settori il cui andamento è strettamente correlato a una data situazione dell'economia. Ma il vero problema è comprendere quali settori si riprenderanno e quali no.
"So che è difficile, eppure questo è il momento della freddezza”.
Noti da sempre per la loro prudenza e, soprattutto, per essere il punto di riferimento di molti buoni patrimoni torinesi, i Giubergia, il padre Renzo, 83 anni, e il figlio Guido, 57, non nascondono di essere anch'essi alla finestra, in attesa di eventi: in sostanza, che dagli Stati Uniti arrivino parole rassicuranti sui tempi del promesso salvataggio di stato alle grandi istituzioni finanziarie in crisi. Capital ha intervistato Guido Giubergia, attuale ad di Ersel, la private bank della famiglia che gestisce 7 miliardi di euro. (...)
Il servizio di consulenza in materia di investimenti, o advisory, è rivolto in particolare a clienti che desiderano essere costantemente informati sulla situazione dei mercati per cogliere le migliori opportunità di investimento.
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