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La settimana ha presentato ancora un insieme di statistiche contrastanti. Da un lato i dati sull’attività e fiducia nel settore immobiliare continuano delineare una ripresa nel settore epicentro della recessione del 2008, tanto che divengono sempre più concrete le aspettative di una inversione di tendenza nella dinamica al ribasso dei prezzi delle case (si veda il grafico sotto riportato); dall’altro si osserva un rallentamento, al margine, nella fiducia e nei dati relativi al settore manifatturiero.
In settimana infatti alcuni indicatori regionali di fiducia (Richmond e Filadelfia) e il calo degli ordinativi di beni durevoli descrivono un settore manifatturiero un po’ meno tonico che nel recente passato. Nel breve, l’effetto netto dei due fenomeni è negativo, dato il peso oramai modesto che l’edilizia ha sull’intera economia, e tale da farci ipotizzare un
PIL per il Q2 più vicino al 2% che non al 2,5% (trimestrale annualizzato). In un’ottica di più ampio respiro però non va sminuito l’impatto prospettico sulla fiducia delle famiglie di un arresto del processo di perdita di valore del loro asset principale, le abitazioni.
Gli importanti indicatori anticipatori diffusi questa settimana hanno dato esito inequivocabilmente negativo, deludendo le aspettative. Il più atteso, l’indice Composite PMI relativo al mese di maggio, ha fatto registrare una nuova contrazione, dopo quella di aprile. Data la correlazione che questo indicatore ha con il PIL aggregato (si veda il grafico sopra riportato) dovrebbe essere altamente probabile una contrazione del Prodotto in Q2, dopo la stagnazione in Q1 ed il calo nell’ultimo trimestre del 2011. Circa l’entità della contrazione i dati fino ad ora disponibili (per chiudere il trimestre manca la statistica di giugno dell’indice PMI) sono compatibili con un -0.5% trimestre su trimestre. Per quanto riguarda la risposta della politica ai problemi dell’area euro il summit informale di questa settimana non ha fatto molto per ridurre le incertezze. La posizione ufficiale è la volontà dei leader di tenere la Grecia nell’euro, a patto che vengano mantenuti gli impegni presi dal precedente governo. Oramai sembra che vi sia comune accordo sul fatto di affiancare al rigore (fiscal compact) anche misure pro crescita utilizzando i fondi della BEI, facendo ricorso ai project bond e procedendo con le riforme strutturali in grado di migliorare il PIL potenziale. Tuttavia non si sono fatti passi avanti su temi “caldi” come gli Eurobond, un fondo di garanzia europeo per le banche e il ruolo della BCE nel bloccare l’insorgere di nuovi momenti di panico.
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