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Il commento mensile sull'andamento dei mercati realizzato dai fund manager di Ersel.

Quadro macro - Gennaio 2025


Stati Uniti

Nel periodo di riferimento 10/12 - 27/01 i mercati sono stati influenzati da un FOMC più hawkish delle attese a fine 2024, da un’inflazione core leggermente sotto le attese e dalla volatilità generata dall’insediamento e dalle prime mosse di Trump. I dati di occupazione di dicembre hanno segnalato un tasso di disoccupazione del 4.1%, in leggero calo rispetto al mese precedente e sotto le attese degli analisti a fronte di un numero di nuovi occupati di 256.000 unità in crescita e sopra le attese. L’indice dei prezzi al consumo di dicembre è uscito in linea con le attese sul dato headline in moderata risalita al 2.9%, mentre leggermente sotto le attese la componente Core che scende al 3.2% anno su anno. All’interno del dato core sono tornati a calare i prezzi dei beni mentre hanno continuato a tenere i servizi. Sotto le attese le vendite al dettaglio di dicembre, al ritmo di +0.4% mese su mese sulla componente headline, per contro accelera dello 0.7% il dato “core”. La produzione industriale è salita dello 0.9% sul mese, sopra le attese e sopra il -0.1% del mese precedente. Anche i sondaggi sulle prospettive economiche hanno sorpreso in positivo con l’ISM servizi in espansione a 54.1 e il manifatturiero sulla neutralità a 49.3 con componente prezzi pagati a 52.5. Nel FOMC di dicembre la Fed ha tagliato i tassi di 25bps, come atteso dal mercato, ma con dichiarazioni tese a segnalare un rallentamento del ritmo dei tagli e con rilevanti revisioni sia delle stime di inflazione sia degli interventi futuri segnalati nel dot plot. Il mercato prezza 2 tagli per il 2025.

 

Europa

In leggero miglioramento il quadro macro in Europa a fronte dei progressi maturati sull’inflazione e di un leggero miglioramento delle prospettive di crescita. In moderazione le preoccupazioni legate ai dazi, che allo stadio attuale sembrano rappresentare più uno strumento di negoziazione piuttosto che parte di una vera e propria tariff policy. Stabile al 2.4% l’inflazione di dicembre sul dato headline e al 2.7% sul dato core. Gli indicatori anticipatori hanno segnato un leggero miglioramento con il composite sul neutrale a fronte di servizi in moderata espansione a 51.4 nonostante un manifatturiero in contrazione a 46.1. I dati macroeconomici meno aggiornati hanno mostrato vendite al dettaglio in crescita dello 0.1% dal -0.5% del mese precedente e una produzione industriale leggera ripresa a +0.2%. Il mercato del lavoro è rimasto sostanzialmente stabile, con un tasso di disoccupazione sui minimi storici, al 6.3%. L’ECB nel meeting di dicembre ha tagliato i tassi di policy di 25bps come atteso dal mercato, rivedendo a ribasso sia le aspettative sull’inflazione sia sulla ripresa del GDP. Il mercato prezza quasi 4 tagli per il 2025.

 

Asia e Mercati Emergenti

A dicembre il PMI manifatturiero della Cina è tornato a scendere, riportandosi a 50,1 dal 50,3 precedente. L’indice PMI Caixin (più legato a società esportatrici) ha registrato una discesa analoga attestandosi al 50,5 dal 51,5 precedente, mentre quello sui servizi ha dato un’indicazione positiva salendo a 52,2, il livello più alto dall’inizio della scorsa estate. Va poi evidenziato il dato sul GDP cinese dell’ultimo quarter: +6.6% annualizzato, che porta a +5% il dato sull’anno, così come da obiettivo delle autorità di Pechino. Molti commentatori mettono in dubbio la qualità di questo dato, alla luce della sua ovvia valenza politica, A nostro avviso non c’è ancora una chiara evidenza circa l’’uscita dell’economia cinese dalla spirale deflazionistica generata dalla crisi immobiliare, e malgrado i reiterati messaggi delle autorità sulla volontà di supportare l’economia, rimaniamo cauti sulle prospettive della regione.
In Giappone c’è stata una revisione al rialzo delle aspettative di inflazione, l’aumento dei tassi di interesse deciso dalla Bank of Japan non dovrebbe dunque essere l’ultimo, ma è verosimile attendersi un livello di equilibrio nell’intervallo 1-1,5%. Lo yen si è apprezzato solo marginalmente e la Borsa di Tokyo è stata debole in avvio d’anno, dopo le ottime performance in quello precedente.

Dall’ultimo comitato (6 dicembre), l’andamento dei mercati finanziari è stato caratterizzato dal forte movimento al rialzo sui tassi di interesse, solo parzialmente rientrato nell’ultima settimana e guidato da diversi fattori quali il cambio di passo annunciato dalla Fed nel meeting di dicembre, la forza del mercato del lavoro americano e i rischi inflazionistici legati all’implementazione dell’agenda economica dell’amministrazione Trump.
  • Tassi: nel periodo il decennale americano è così salito di 46bps, portandosi al 4,6% dopo aver toccato il 4,8% a metà gennaio, con un forte irripidimento della curva che ha visto muoversi il differenziale con il due anni muoversi da pressoché zero agli attuali 35bps. Il movimento al rialzo dei tassi è stato generato da un aumento nelle aspettative di inflazione (le BE a 10y si sono mosse dal 2,25% al 2,44%) ma anche dalla risalita, di ampiezza simile, dei tassi reali. Nonostante il differente contesto economico e l’atteggiamento più accomodante della BCE, il movimento sui tassi si è riflesso anche sulla curva europea con il decennale tedesco in salita di 42bps al 2,5%. L’indice globale delle obbligazioni governative in valuta locale ha così ceduto l’1,4% nel periodo. 
  • Azioni e spread: gli asset di rischio (azioni e spread di credito) hanno mostrato nel complesso una buona tenuta malgrado il repentino movimento sui tassi e le valutazioni spesso elevate. Nello specifico gli spread di credito hanno stretto nel periodo di 4bps e 7bps rispettivamente nei segmenti HY di Europa e US. Analogamente, i mercati azionari globali (in valuta locale) sono rimasti nel periodo pressoché invariati (+0,3%), recuperando la discesa del -4% raggiunta metà gennaio. A fare meglio, nel periodo, le azioni dei paesi europei (+2,3%) mentre sono rimaste pressoché invariate quelle statunitensi e sono scese dell’1% quelle dei paesi emergenti. Da sottolineare anche l’ottimo avvio della reporting season negli Stati Uniti grazie ai risultati positivi delle grandi società finanziarie (Goldman Sachs, JPMorgan Chase, Wells Fargo e Citigroup), con Goldman Sachs che ha registrato il miglior trimestre dal 2021.
  • Valute e materie prime: il “pivot” della Fed ha continuato a sostenere il dollaro (+2% il DXY), mentre nonostante l’aumento dei tassi reali l’oro ha proseguito il duo trend di crescita (+4,7% nel periodo). In forte risalita anche il brent (arrivato a 75$ al barile) sulla buona tenuta dell’economia globale e sull’inasprimento delle sanzioni nei confronti della Russia. 
Il nostro scenario centrale di "soft landing" ha continuato a trovare conferma nei dati pubblicati nel corso delle ultime settimane, sebbene le performance economiche abbiano continuato ad accentuare l’“eccezionalismo degli Stati Uniti”, mentre l’Europa mostra segni di stabilizzazione su livelli di attività economica piuttosto deboli.

Nel complesso, tuttavia, la crescita economica globale dovrebbe confermarsi sui livelli attuali, anche supportata da politiche monetarie in generale allentamento. Queste considerazioni ci inducono a mantenere un posizionamento costruttivo sulle attività di rischio. All’interno di questa impostazione, l’effettiva implementazione dell’agenda di governo da parte della nuova amministrazione americana andrà monitorata con grande attenzione. Per quanto generalmente pro-business (come al momento scontato dal mercato) il rischio da un lato di tensioni commerciali crescenti e dall’altro di politiche di bilancio aggressive e misure protezionistiche potrebbero condurre a un diffuso rallentamento nella crescita globale e a pressioni inflazionistiche. A questo si sommano i rischi legati alle guerre ancora in corso e a valutazioni che, soprattutto nel mercato azionario e su quello del credito, mostrano un “margin of safety” ridotto rispetto all’eventuale concretizzarsi di scenari avversi.

Alla luce di queste considerazioni manteniamo sulla componente azionaria un posizionamento di sovrappeso che, nei fondi Multiasset, è in buona parte costruito attraverso strutture opzionali per l’area US e il ricorso a gestori flessibili per l’area euro; a livello regionale, manteniamo la nostra preferenza per il mercato americano, sul quale è stato aumentato il sovrappeso rispetto a quello europeo dove è stata ridotta l’esposizione all’Italia. All’interno della componente US, è stata introdotta una posizione sul segmento delle medie capitalizzazioni, per approfittare di valutazioni e prospettive di crescita degli utili interessanti per questo segmento che dovrebbe anche essere favorito dalle politiche della nuova amministrazione. Manteniamo un sottopeso verso le azioni cinesi, sebbene più limitato alla luce dello stimolo varato dalle autorità a supporto del debito legato al mercato immobiliare. Uno stimolo che, pur andando nella giusta direzione, riteniamo ancora insufficiente a rilanciare l’economia del paese e quindi a giustificare un’allocazione piena alle azioni cinesi.

Sulla componente obbligazionaria e valutaria, nei fondi Multiasset, manteniamo un sottopeso di duration (soprattutto sul mercato US) in considerazione di curve ancora relativamente piatte e della possibilità che la riduzione dei bilanci da parte delle Banche Centrali e deficit fiscali (soprattutto negli Stati Uniti) portino ad un aumento del term premium o dell’inflation risk premium. Sul forte movimento al rialzo dei tassi che si è prodotto alla vigilia delle elezioni presidenziali, è stata tuttavia effettuata una parziale riduzione del sottopeso vista l’asimmetria delle prospettive. Malgrado il recente movimento al rialzo nelle aspettative di inflazione, confermiamo il posizionamento su titoli legati all’inflazione americani che dovrebbero offrire protezione nell’ipotesi di un’inflazione più persistente delle attese, anche alla luce delle politiche sull’immigrazione prospettate che rischiano di aumentare gli squilibri del mercato del lavoro riducendone l’offerta. Confermiamo un contenuto sovrappeso sul dollaro verso l’euro, sostenuto da differenziale di tassi e crescita.

Mercati azionari

Nell’ultimo mese il mercato azionario italiano, dopo qualche incertezza iniziale, ha raggiunto nuovi massimi, trainato dal buon andamento del mercato statunitense e dall’attesa di una riduzione dei tassi d’interesse in Europa. Dopo la vittoria di Trump, tuttavia si attendono sviluppi positivi a livello geopolitico, con un primo accordo, anche se parziale, raggiunto in Medioriente.
A livello settoriale hanno performato bene i finanziari ed i bancari in particolare (trainati dall’annuncio della nuova offerta di Montepaschi su Mediobanca, ed il settore della difesa, mentre hanno faticato le utilities, i petroliferi ed i tecnologici.
Nell’ultimo mese i titoli migliori sono stati i finanziari come Popolare Sondrio, Fineco e Unicredito. Tra i peggiori troviamo Erg, Italgas e Terna.


Mercati obbligazionari

Il mese di gennaio è stato caratterizzato da un clima di elevata volatilità sui tassi alimentata dalle prime mosse dell’amministrazione Trump, da un’inflazione leggermente sotto le attese e dagli sviluppi resi pubblici della concorrenza cinese in tema Intelligenza Artificiale. I tassi sono stati particolarmente reattivi nell’incorporare l’evoluzione del quadro terminando il mese marginalmente sotto i livelli di fine anno negli US, mentre leggermente sopra alla chiusura 2024 in Europa. Gli spread hanno mostrato una volatilità piuttosto contenuta, soprattutto per i segmenti ad alto beta in dollari e sui Subordinati in euro che hanno stretto tra i 25 e i 35 bps. Le performance sono state moderatamente positive sui segmenti Investment Grade, con un progresso medio di 0.5 punti su entrambi i mercati. I migliori risultati sono stati registrati dall’High Yield in USD a +1.4 punti e dai CoCo in EUR, in guadagno di 1.6 punti. Solo moderatamente positive le performance sull’High Yield in EUR, +0.6 punti. In ambito valutario, la chiusura del differenziale dei tassi tra Stati Uniti e Giappone ha particolarmente favorito lo Yen (+1.28% vs EUR), migliore valuta del G10; il dollaro canadese ha invece subito le tensioni sui dazi, perdendo l’1,16%. L’EURUSD ha chiuso sostanzialmente invariato nel periodo (USD -0,13% vs EUR), nonostante la volatilità.

 

Risultati


Risultati conseguiti dai principali mercati azionari nel periodo di riferimento:

Stato Indice Variazione % dal 09/12/2024 al 24/01/2025
STATI UNITI DOW JONES +0,1%
STATI UNITI S&P 500 +0,8%
STATI UNITI NASDAQ +1,1%
GIAPPONE TOPIX +0,6%
HONG KONG HANG SENG -1,7%
TAIWAN TAIEX +1,1%
KOREA KOSPI +7,5%
MESSICO BOLSA -1,6%
ARGENTINA MERVAL +15,1%
BRASILE BOVESPA -3,7%
INGHILTERRA FTSE 100 +1,8%
GERMANIA DAX +5,2%
FRANCIA CAC 40 +6,0%
SVIZZERA SMI +4,5%
ITALIA S&P/MIB +4,7%
SPAGNA IBEX 35 -0,2%


Total return degli indici obbligazionari EFFA dei titoli di Stato e variazioni delle principali valute contro euro:

Stato Variazione % dal 09/12/2024 al 24/01/2025
STATI UNITI -1,6%
GIAPPONE -0,9%
INGHILTERRA -2,3%
AREA EURO -2,5%

 

Stato Variazione % dal 09/12/2024 al 24/01/2025
USD/EUR +0,7%
YEN/EUR -2,3%
GBP/EUR -1,6%

 

 

 

Autore
Management team

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