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Il commento mensile sull'andamento dei mercati realizzato dai fund manager di Ersel.

Quadro macro - Giugno 2024


Stati Uniti

Il mese giugno è stato caratterizzato da prezzi al consumo e alla produzione inferiori alle previsioni degli analisti e da un mercato del lavoro più resiliente delle attese. I Nonfarm Payrolls di maggio hanno infatti segnato una risalita del numero di nuovi occupati a 272.000, sopra i 165.000 del mese precedente, e oltre i 180.000 attesi dagli analisti. Il tasso di disoccupazione è per contro salito al 4%, rimanendo tuttavia in prossimità dei minimi storici. L’indice dei prezzi al consumo anno su anno di maggio è uscito sotto le attese con il dato headline a 3.3% e quello core a 3.4%. All’interno del dato core, nonostante la resilienza della componente alloggi, è emersa una rilevante moderazione dei prezzi sui servizi, con il dato ex-shelter in negativo per la prima volta da settembre 2021. Anche le vendite al dettaglio sono state sotto le attese, in crescita dello 0.1% nel mese su mese, mentre sopra le attese la produzione industriale di maggio a +0.9%. Per quanto riguarda i sondaggi sulle prospettive economiche, abbiamo avuto un ISM manifatturiero sostanzialmente stabile a 48.7 da 49.2 con la componente prezzi pagati in calo a 57. In risalita per contro l’ISM sui servizi a 53.8 da 49.4 sopra le attese degli analisti. Piuttosto stabili invece i PMI preliminari di giugno con il manifatturiero poco sopra la neutralità e i servizi in territorio di espansione a 55.1. Nel FOMC del 12 giugno la Fed ha modificato il dot plot rinviando 2 dei 3 tagli che avevano segnalato per il 2024 al biennio 2025-2026, ribadendo tuttavia che manterranno un approccio data dependent. Il mercato prezza quasi 2 tagli per il 2024 con una probabilità di poco inferiore al 70% di osservare il primo nel meeting di settembre.

 

Europa

Le elezioni europee hanno portato in evidenza preoccupazioni sulla stabilità politica che si sono riflesse in una reazione degli spread della Francia e dei periferici in una fase in cui il ruolo delle autorità nell’impostare politiche economiche, sia fiscali sia monetarie assume un’importanza cruciale. L’indice dei prezzi al consumo si è attestato a 2.6% sul dato headline e 2.9% sul dato core, entrambi moderatamente sopra alle attese e ai livelli del mese precedente. I leading indicators hanno continuato a segnalare un manifatturiero in contrazione a 45.6 e servizi sulla neutralità a 53.6. I dati macroeconomici meno aggiornati hanno mostrato vendite al dettaglio in calo dello 0.5% mese su mese dal +0.8% di marzo, in marginale calo anche la produzione industriale a -0.1% sul mese su mese. Il mercato del lavoro è rimasto sostanzialmente stabile, con un tasso di disoccupazione sui minimi storici, al 6.4%. Nel meeting di giugno la BCE ha tagliato i tassi di policy di 25bps, dichiarando tuttavia di continuare a seguire un approccio data dependent senza prendere alcun impegno preventivo sul percorso dei tassi. Il mercato prezza quasi 2 tagli per il 2024 con una probabilità di poco superiore al 60% di osservare il prossimo alla riunione di settembre.

 

Asia e Mercati Emergenti

In ambito emergente si conferma quanto sia difficile per la Cina lasciarsi alle spalle la debolezza degli ultimi trimestri dovuta agli interventi sui settori immobiliare e tecnologico e alla rigida politica di Zero Covid. Alcuni dei maggiori Paesi di questo gruppo hanno invece risentito dei risultati elettorali e hanno riscontrato una fase di volatilità, particolarmente incisiva verso la fine del mese di maggio: in Messico la netta affermazione della sinistra pone qualche incertezza riguardo alla disciplina in ambito fiscale, in India e Sudafrica è invece la mancanza di una chiara maggioranza e l’esigenza di ricorrere ad una coalizione a rendere meno chiara la politica economica che sarà adottata. 
In Giappone la Banca Centrale ha confermato l’intenzione di abbandonare le politiche monetarie non convenzionali a supporto della crescita e dell’inflazione, ma nonostante questo la divisa si attesta su livelli particolarmente deboli e potrebbe costringere le autorità del Paese a un nuovo intervento per sostenere il tasso di cambio.

Nel periodo in esame (16 maggio-18 giugno), negli Stati Uniti l’emergere di uno scenario di “soft landing,” con l’inflazione in calo e una crescita moderata, ha stimolato la propensione al rischio degli investitori.
  • Azioni: le azioni hanno registrato forti rialzi, soprattutto nel settore tecnologico, grazie agli eccellenti risultati di NVIDIA. In Europa, invece, l’incertezza generata dai risultati elettorali e dalla decisione di Macron di indire nuove elezioni ha portato a un marcato “flight to quality,” penalizzando in particolare le borse francese e italiana, trainate al ribasso dai titoli finanziari. Anche le azioni dei paesi emergenti sono calate, influenzate dalla debolezza della Cina e dell’area LATAM, Messico in testa.
  • Spread: lato Fixed Income, i dati positivi sull’inflazione negli Stati Uniti e l’avversione al rischio generata dai risultati elettorali in Europa hanno determinato un abbassamento sia della curva americana che di quella tedesca, con i rispettivi tassi decennali in discesa di oltre 30bps dai massimi di periodo che erano stati toccati alla fine dello scorso mese sulla scia dei buoni dati sull’occupazione americana. Ma il movimento più ampio è avvenuto sugli spread di Francia e, per effetto contagio, Italia. Lo spread dell’OAT, in particolare, è arrivato a sfiorare gli 80bps, il livello più elevato dal 2016. Questa situazione di stress, nonostante le dichiarazioni concilianti del Rassemblement National e le rassicurazioni della BCE, probabilmente perdurerà fino al secondo turno delle elezioni francesi. 
  • Credito: lato credito societario, la volatilità è stata più contenuta, almeno a livello generale, con l’indice HY europeo che malgrado il ritracciamento delle ultime settimane chiude il periodo in salita di oltre mezzo punto, in linea con quello americano. 
  • Valute e materie prime: in ambito valutario, la volatilità sul mercato europeo ha poi favorito il dollaro che nel periodo si è rafforzato di oltre un punto percentuale verso l’euro, più per la debolezza della moneta domestica dovuta all’annuncio delle elezioni parlamentari francesi.
Alla luce dei dati più recenti, l’evoluzione del quadro macroeconomico di riferimento sembra incoraggiante.

Gli Stati Uniti confermano un livello di crescita elevata, con indizi di un progressivo calo verso un livello compatibile con il potenziale di lungo termine del Paese; l’Europa, dopo una prolungata fase di stagnazione innescata dalla guerra in Ucraina e dal brusco aumento dei prezzi delle materie prime, mostra timidi segnali di ripresa, in particolare nel settore dei servizi; in Giappone è giunta al termine la lunghissima fase di tassi di interesse negativi, a conferma che anche la Bank of Japan ritiene che l’economia locale possa camminare sulle proprie gambe facendo a meno di misure di stimolo straordinario; in Cina, infine, continua l’approccio incrementale per stabilizzare il settore residenziale, anche se non ci sono ancora evidenze conclusive di un successo.

L’inflazione, che nel primo trimestre ha sorpreso al rialzo le attese degli economisti, soprattutto negli Stati Uniti, ha ripreso una dinamica di calo, con un percorso che negli ultimi mesi è stato più lineare e livelli di arrivo più vicini al target delle Banche Centrali per l’area euro. Rimane senza dubbio un contesto particolarmente incerto da un punto di vista geopolitico, senza che emergano prospettive concrete di miglioramento nei diversi ambiti di guerra o di tensione e senza che i mercati finanziari ne siano impattati significativamente nel loro comportamento. La prospettiva di un contributo più corale alla crescita economica è favorevole alla sua qualità e stabilità, in quanto consente di non dipendere da un’unica area a fare da traino a livello globale; anche un rientro dell’inflazione più omogeneo rispetto al recente passato nelle diverse aree è importante, in quanto riduce il rischio che ci possa essere un contagio in senso negativo dai Paesi con una dinamica dei prezzi più surriscaldata verso quelli caratterizzati da maggior stabilità.

Gli ultimi dati macroeconomici relativi agli Stati Uniti consentono di ipotizzare una politica monetaria più accomodante da parte della Federal Reserve; l’area euro è più avanti in questo senso e un taglio dei tassi di interesse nel mese di giugno è ormai lo scenario centrale, che potrebbe essere messo in discussione soltanto da eventi di particolare rilievo. Rimane un problema in termini di politiche fiscali, soprattutto in America dove il deficit Federale si attesta su livelli mai osservati in una fase positiva per la crescita e dove questo tema non sembra essere di importanza per le prossime elezioni, con prospettive di uno squilibrio nei conti pubblici destinato a trascinarsi nel tempo. Come già ricordato, il Giappone è uno dei pochi Paesi sviluppati ad avere una politica monetaria completamente asincrona rispetto agli altri, con prospettive di ulteriori rialzi ai tassi di interesse anche per i mesi a venire.

Per l’area emergenti il quadro di riferimento è molto differenziato e non privo di incertezze. La combinazione di minor stimolo fiscale e monetario a cui si aggiunge una minor crescita del commercio internazionale è in generale negativa, anche se non mancano eccezioni di rilevo: l’India, ad esempio, ha un sistema economico piuttosto chiuso e la debolezza dell’export globale ha dunque un impatto meno importante rispetto alla forza dei consumi e degli investimenti interni.

Alla luce di quanto sopra, riteniamo il mercato azionario sia complessivamente correttamente valutato in funzione dei tassi d’interesse prevalenti, ma presenti alcuni elementi di fragilità da monitorare con attenzione. Negli Stati Uniti citiamo in particolare i margini di profitto aziendali ai massimi storici, che potrebbero calare in presenza di un indebolimento della domanda, e livelli di valutazione che appaiono elevati in prospettiva storica. Il mercato europeo risulta essere a sconto e sottovalutato rispetto a quello statunitense; la marginalità delle aziende, in particolare, beneficia del venir meno delle pressioni sul fronte energetico e del protrarsi degli effetti positivi sui bilanci bancari derivanti dal livello dei tassi di interesse; prospettive di dinamiche macroeconomiche in miglioramento possono ulteriormente aumentare l’appetibilità dell’area per gli investitori globali, mentre le incertezze sul fronte geopolitico operano in senso opposto. Più incerta la valutazione sui mercati emergenti alla luce, oltre che delle considerazioni macro sopra esposte, delle tensioni geopolitiche e del minor livello di tutele a livello di governance.

Per tale motivo riteniamo debba essere mantenuto un peso azionario coerente al profilo di rischio complessivo, privilegiando l’area dei paesi sviluppati, rispetto agli emergenti e società di elevata qualità, leader dei rispettivi settori di riferimento e quindi in grado di mantenere adeguati livelli di redditività (pricing power).

Tra gli investimenti obbligazionari, la duration di portafoglio finora è stata in genere mantenuta su livelli inferiori rispetto ai parametri di riferimento in particolare sulle scadenze più lunghe in Europa. Valuteremo nelle prossime settimane se l’evoluzione del quadro è tale da rivedere la posizione, l’orientamento è comunque di non accentuare ulteriormente il sottopeso. Le emissioni societarie presentano spread complessivamente contenuti o comunque non sufficienti da compensare il rischio associato in particolare nel segmento high yield e riteniamo quindi che l’approccio da adottare debba essere estremamente selettivo. Maggiori opportunità sono individuabili in ambito investment grade e nel comparto delle emissioni finanziarie subordinate di emittenti solidi.

Mercati azionari

I risultati delle elezioni europee, che in Francia hanno visto salire molto il gradimento dell’estrema destra, hanno innervosito i mercati ed hanno provocato la risalita dei tassi (qui parliamo dello spread) ed una discreta correzione per i titoli bancari. Ovviamente i mercati dove tali titoli pesano di più, tra cui quello italiano, sono stati particolarmente penalizzati, anche se i massimi di periodo restano ancora abbastanza vicini.
A livello settoriale hanno performato bene solo i difensivi come Campari, Ferrari, Amplifon e Diasorin, mentre hanno appunto sofferto i bancari e Saipem.
Dal punto di vista dei risultati societari i segnali restano invece incoraggianti sia per gli industriali, che al momento non vedono il temuto rallentamento, sia per le banche che continuano a godere di alti tassi e bassi accantonamenti.


Mercati obbligazionari

Testo in aggiornamento.

 

Risultati


Risultati conseguiti dai principali mercati azionari nel periodo di riferimento:

Stato Indice Variazione % dal 17/05/2024 al 24/06/2024
STATI UNITI DOW JONES -1,5%
STATI UNITI S&P 500 +2,7%
STATI UNITI NASDAQ +4,9%
GIAPPONE TOPIX -0,2%
HONG KONG HANG SENG -7,8%
TAIWAN TAIEX +7,3%
KOREA KOSPI +1,5%
MESSICO BOLSA -8,8%
ARGENTINA MERVAL +5,9%
BRASILE BOVESPA -4,3%
INGHILTERRA FTSE 100 -1,6%
GERMANIA DAX -2,0%
FRANCIA CAC 40 -5,6%
SVIZZERA SMI +1,0%
ITALIA S&P/MIB -4,4%
SPAGNA IBEX 35 -1,4%


Total return degli indici obbligazionari EFFA dei titoli di Stato e variazioni delle principali valute contro euro:

Stato Variazione % dal 17/05/2024 al 24/06/2024
STATI UNITI +1,5%
GIAPPONE -0,4%
INGHILTERRA +0,7%
AREA EURO +0,1%

 

Stato Variazione % dal 17/05/2024 al 24/06/2024
USD/EUR +1,3%
YEN/EUR -1,3%
GBP/EUR +1,1%

 

 

 

Autore
Management team

Management team

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