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Storicamente, il mese di agosto è particolarmente vulnerabile a brutte perturbazioni sui mercati finanziari. È stato così, per fare qualche esempio, nel 1998 con il default della Russia e nel 2007 con l’inizio della crisi dei subprime negli Usa.
Inflazione, guerra, crisi energetica: il 2022 è stato un anno molto complicato per l’economia e per i mercati finanziari.
Gli anni difficili della pandemia hanno messo a dura prova l’economia e i mercati di tutto il mondo. Come non bastasse, a rendere più difficile il quadro sono intervenuti gli effetti della guerra in Ucraina e quelli di un’inflazione che ha raggiunto livelli che non si vedevano da 40 anni.
Da qualche mese i mercati stanno affrontando venti contrari. Le incognite sono tante ma a prendere il sopravvento sono state soprattutto le preoccupazioni sull’inflazione e sull’accelerazione nel processo di aumento dei tassi d’interesse da parte delle Banche centrali.
I mercati, si sa, amano adagiarsi su ritmi monotoni e ben decifrabili. Calibrano ogni rischio, valutano gli scenari più probabili, e sulla base di queste analisi decidono le operazioni da fare.
Dopo anni di stagnazione dei prezzi e tendenze parzialmente deflazionistiche, l’inflazione torna di colpo ad alzare la testa. Per le Banche centrali, questo improvviso andamento si sta trasformando in un nuovo grattacapo.
Dopo una decina di anni in cui non dava più notizie di sé, l’inflazione torna di nuovo a rappresentare un motivo di preoccupazione. Molti esperti sono convinti che, non appena l’economia avrà nuovamente ripreso a girare a pieno regime, scatterà anche una corsa dei prezzi e a velocità che non si vedevano da tempo.
Nella famosa favola «Riccioli d’oro e i tre orsi», la piccola Riccioli d’oro, che si è introdotta di nascosto nella casa dei tre orsi, si serve della loro colazione pronta sulla tavola. Ha di fronte a sé tre piatti, li assaggia tutti e sceglie quello con la zuppa che «va bene», vale a dire quella né troppo calda, né troppo fredda.
La crescita rimane al di sopra del potenziale, in un intorno del 2,5%, grazie a consumi e investimenti. I recenti uragani causeranno volatilità ai dati trimestrali ma senza mutare il trend di fondo, sostenuto da elevati livelli di fiducia e dal mercato del lavoro.
Lo stimolo fiscale promesso da Trump calerà su un’economia che già si trova in uno stato di piena occupazione. Questo fatto da solo, anche non considerando gli effetti di possibili misure protezionistiche o di riduzione degli immigrati illegali, dovrebbe portare a un surriscaldamento dell’economia e a una ripresa dei salari (già in trend positivo).
Dati americani stabili, anche se l’esito deludente delle ultime statistiche sui nuovi occupati ha portato il mercato ad escludere un rialzo dei tassi a giugno, eventualità che le ultime minute delle FED e alcuni dati recenti superiori alle attese (vendite al dettaglio, produzione industriale) avevano riportato all’attenzione degli operatori.
Il nostro scenario base è quello di un moderato ciclo di rialzo dei tassi da parte della FED (di entità minore di quanto desunto dalle minute della banca centrale, ma maggiore dell’aspettativa corrente di mercato) dato che il contesto di crescita e inflazione non dovrebbe essere tale da indurre ad azioni restrittive più marcate.
Accantonati i timori sulla stabilità dei mercati finanziari internazionali e sul ciclo degli emergenti la FED si è concentrata sulle dinamiche interne.
Ottimo il dato sugli ordinativi dei beni durevoli (+2% rispetto al -0,4% di consenso e dato precedente rivisto ancora in rialzo). Rivisto il dato di GDP del secondo trimestre (+3,7% da 3,2% precedente).
I progressi realizzati dal mercato del lavoro sono l’elemento più vitale dell’economia USA in questo inizio anno. I consumi a causa di una inspiegabile salita del tasso di risparmio non hanno risposto in maniera coerente.
Il ribasso del prezzo del petrolio stenta a manifestarsi in effetti positivi nei dati mensili sui consumi. Nulla cha abbia portato a rivedere lo scenario per il 2015, anche perché la fiducia delle famiglie è ai massimi post recessione, e la crescita dei posti di lavoro rimane ampiamente sopra le 200mila unità mensili.
Recentemente le statistiche sulla crescita hanno deluso le attese. Nulla che abbia portato a rivedere lo scenario per il 2015, ma indicazione che forse i tassi attuali di crescita del PIL al 3% possono eccedere il nuovo potenziale dell’economia americana nell’era post Grande Recessione.
Il dato più rilevante della settimana sono state le vendite al dettaglio risultate al di sopra delle attese.
Grazie soprattutto alla tenuta degli USA la crescita globale quest’anno non scenderà molto rispetto a quella dello scorso anno, nonostante il rallentamento degli emergenti e le recenti delusioni delle aspettative nell’area euro.
Lo scenario americano attualmente presenta una lettura relativamente chiara: dal punto di vista della crescita, archiviati un pessimo primo trimestre e il rimbalzo nel secondo, l’economia nel terzo trimestre dovrebbe crescere in un intorno del 3% data la buona intonazione sia degli indicatori anticipatori che di quelli relativi ai consumi.
La settimana americana è stata densa di eventi. Dal lato della politica monetaria i commenti della FED allo scenario per crescita ed inflazione sono da considerarsi a nostro avviso leggermente più guardinghi del previsto, dato che si è riconosciuto come l’inflazione sia ora più vicina al target di riferimento, e che sia sceso di molto il rischio di deflazione.
Dopo la netta revisione al ribasso del PIL americano dei primi tre mesi dell’anno (-2,9% trimestre su trimestre annualizzato), i dati più recenti continuano a supportare la tesi di un rimbalzo nel secondo trimestre.
Banche centrali alla ribalta in queste prime settimane di maggio. La FED ha mantenuto un tono accomodante, indicando che l’economia nel 2014 risulterà in accelerazione rispetto allo scorso anno, ma nel contempo evidenziando come siano presenti ancora sacche di debolezza nel mercato del lavoro e una certa moderazione nell’attività edilizia.
ISM e mercato del lavoro confermano un’economia in salute che al momento però non sta ingenerando pressioni sui salari e quindi sui prezzi. Il tema è importante in quanto, una volta accertato lo senario di crescita, per prevedere l’operato futuro della FED occorre verificare le pressioni inflazionistiche presenti nell’economia USA.
Settimana ricca di statistiche macro il cui esito conferma da un lato che il rallentamento di Q1 è attribuibile in buona parte all’effetto maltempo, dall’altro che il rimbalzo visibile nelle più recenti statistiche di sentiment, ma anche di economia reale, non è stato tale da compensare interamente (almeno per il momento) la caduta di attività dei mesi precedenti.
Il tanto atteso accordo tra Democratici e Repubblicani è stato finalmente raggiunto, con una capitolazione di questi ultimi alle pressioni provenienti dal mondo degli affari e dalla maggioranza degli elettori.
Il contesto complessivo nel periodo di riferimento, non solo per gli USA, è quello di dati sulla crescita in linea se non al di sotto delle aspettative (uniche eccezioni un paio di statistiche europee e italiane e i dati giapponesi), inflazione in moderazione e ampio supporto delle banche centrali.
Settimana molto ricca per quanto riguarda le statistiche americane, con dati anche significativamente divergenti tra di loro. Al considerevole balzo in avanti della fiducia dei consumatori e al calo dei sussidi alla disoccupazione si è contrapposta la peggior contrazione mensile (-13.2%) da quando è disponibile la serie storica degli ordinativi di beni durevoli.
Un'inflazione più alta negli Stati Uniti e debito pubblico rendono più difficile il compito della Fed. Ne parla Andrea Nascè a Milano Finanza.
La scelta tra titoli denominati in valuta forte e in valuta locale rappresenta una decisione strategica importante se si vuole investire con successo in questi mercati. Parla Federica De Giorgis, Senior Financial Advisor Fixed Income di Ersel, a Funds People per il numero di settembre.
Il 2024 si annuncia come l’anno di inversione sui tassi. Alcune banche italiane saranno più penalizzate di altre, specie quelle che non hanno fabbriche prodotto. Carlo De Vanna, Senior Fund Manager di Ersel Asset Management, ne parla a We Wealth.
Lo schema è meno liquidità, più obbligazioni e stabilità delle azioni. Andrea Nascè, Direttore Investimenti Ersel, parla a Affari&Finanza di come sta crescendo la richiesta di consulenza e il coivolgimento degli investitori.
L’Italia starebbe valutando la cessione di alcune quote di minoranza di società partecipate, secondo Bloomberg. Ferrovie dello Stato nel mirino. Carlo De Vanna, Senior Fund Manager di Ersel Asset Management, ne parla a We Wealth.
"I Btp non riparano del tutto dall’inflazione, diversificate a lungo termine nei bond corporate e nelle azioni". Andrea Rotti, Amministratore Delegato Ersel, ne parla a La Stampa.
Le soluzioni di Ersel per difendere la diversificazione. Andrea Nascè, Direttore Investimenti Ersel, parla a Milano Finanza di come andare oltre la fase di turbolenza dei mercati con nuovi strumenti di investimento.
Andrea Rotti, Amministratore Delegato Ersel, parla a We Wealth del metodo che la società ha sviluppato nel corso di una lunga esperienza e di come oggi appare particolarmente adatto ad affrontare uno scenario sfidante.
No a facili entusiasmi dopo il rimbalzo di Wall Street. Le opportunità legate all'obbligazionario. Parla Andrea Rotti, Amministratore Delegato di Ersel.
In questo video Andrea Rotti, Amministratore Delegato di Ersel fa il punto su inflazione e rischi di recessione, con un'analisi della situazione economica e dei mercati.
Attenzione a dove va l'inflazione. É premiante saper trasferire gli aumenti dei costi ai clienti. Ne parla Giorgio Bensa, Responsabile delle Gestioni Patrimoniali del Gruppo Ersel, a Milano Finanza.
«La parola d'ordine è diversificare. Il dollaro riscoperto come bene rifugio. Cresce chi sceglie di puntare in modo diretto sulle aziende». Parla Andrea Rotti, Amministratore Delegato di Ersel, a La Repubblica.
Mercoledì scorso la Fed ha annunciato l'atteso rialzo di mezzo punto percentuale della forbice dei tassi al livello compreso tra lo 0,75% e l'1%. Andrea Nascè, Vicedirettore Generale di Ersel, ne parla a La Stampa.
Secondo Andrea Nascè, Vicedirettore Generale di Ersel, il mercato sta diventando sempre più selettivo. Ne parla a La Repubblica - Affari&Finanza.
In Borsa ha vinto chi non si è fatto prendere dal panico. Bisogna essere pronti per le fasi di rimbalzo. Ne parla Andrea Nascè, Direttore Investimenti Ersel, a La Stampa.
Dopo la frenata brusca dei mercati, gli investitori si chiedono ora come proteggere il proprio portafoglio. L'azionario è ancora l'asset class su cui puntare? Ne parla Andrea Nascè, Direttore Investimenti Ersel, a We Wealth.
Perché puntare su azioni di qualità e non su strumenti di debito. Il contesto apre prospettive di investimento nei settori difesa, energia e infrastrutture. Ne parla Andrea Nascè, Direttore Investimenti Ersel, a Milano Finanza.
L'andamento del conflitto in Ucraina ha spaventato le piazze finanziarie europee che hanno chiuso parecchie sedute in rosso. Lo shock preoccupa chi guarda al futuro e - come allo scoppio della pandemia - si guarda intorno in cerca di conferme per i propri investimenti. Ne parla Andrea Nascè, Direttore Investimenti Ersel, a Corriere della Sera.
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