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Storicamente, il mese di agosto è particolarmente vulnerabile a brutte perturbazioni sui mercati finanziari. È stato così, per fare qualche esempio, nel 1998 con il default della Russia e nel 2007 con l’inizio della crisi dei subprime negli Usa. 

Situazione in rapido miglioramento

Focus

Il carry trade

Negli ultimi mesi, molti speculatori internazionali avevano preso in prestito miliardi di dollari in yen, approfittando dei tassi praticamente a zero offerti dal Giappone. Questi capitali sono poi stati impiegati massicciamente in azioni e in particolare in quelle tecnologiche degli Stati Uniti.

Quest’anno, in un’estate già segnata da tensioni geopolitiche e incertezze economiche, l’avvio di agosto ha visto le Borse globali agitarsi come non accadeva da tempo. La notizia che ha scosso il mondo degli investimenti è arrivata lunedì 5 agosto. Gli operatori europei si sono risvegliati con la piazza di Tokyo che aveva subito un tracollo storico, precipitando del 12% in una sola seduta. Immediata la reazione degli operatori sia in Europa sia negli Usa.

La paura di forti crolli estivi ha subito assalito le piazze finanziarie di tutto il mondo ma alla fine il grande crash non c’è stato. Anzi, via via i listini globali si sono rimessi in moto tanto che Wall Street ha chiuso l’ultima seduta del mese di agosto in maniera brillante con gli indici principali che hanno allungato e che si sono avvicinati verso nuovi massimi assoluti. Il panico ha comunque lasciato il segno, portando confusione tra gli investitori di tutto il mondo.

Ma che cosa ha davvero scatenato questo uragano? Le ragioni sono molteplici e si sono intrecciate tra loro. In primo piano c’è una pratica finanziaria che è nota come «carry trade».

È in questa pratica finanziaria che va ricercato il motivo del crollo improvviso della Borsa di Tokyo. Si tratta di una strategia che sfrutta i differenziali di tasso d’interesse tra diverse economie: gli investitori prendono in prestito denaro a costi irrisori in una valuta, in questo caso lo yen giapponese, per poi investirlo in attività finanziarie a più alto rendimento altrove.

Questo meccanismo, che dal Financial Times è stato definito «turismo degli investitori», ha però iniziato a incepparsi quando i tassi d’interesse sui prestiti in yen hanno cominciato a salire con il rialzo del costo del denaro ad opera della Banca centrale del Giappone. Allo stesso tempo la valuta giapponese si rafforzava rapidamente rispetto al dollaro e all’euro. Questo cambiamento ha improvvisamente aumentato i costi dei presiti in yen per speculare su altre piazze finanziarie. A provocare il terremoto non è stata però soltanto la pratica del «carry trade».

I giorni che hanno preceduto il lunedì nero erano stati funestati dalle cattive notizie sul mercato del lavoro statunitense oltre che da indicazioni negative su Apple e Nvidia, i pesi massimi della tecnologia Usa. Di fronte a un tale mix di incertezze, molti investitori hanno preferito vendere le proprie azioni tecnologiche per ripagare i prestiti in yen. Le paure hanno acceso dubbi sull’Intelligenza Artificiale e su una possibile bolla nel settore. In questo modo è partito il crollo della Borsa giapponese e di seguito di quelle globali.

Nonostante il panico iniziale non si è però visto il temuto effetto domino. Dopo la rovinosa caduta iniziale, a spegnere l’incendio è arrivato il dato sull’inflazione negli Usa che è aumentata meno del previsto per il quarto mese consecutivo mentre alcuni dati macroeconomici di agosto hanno indicato un leggero miglioramento rispetto a luglio. Si è trattato di segnali incoraggianti sullo stato di salute dell’economia americana che hanno allontanato il timore di una recessione che alcuni operatori avevano ormai messo in conto.

Ad allentare le tensioni è arrivato poi il tono accomodante del presidente della Banca centrale Usa, Jerome Powell, che a Jackson Hole ha rafforzato la convinzione che la Fed, la Banca centrale Usa, effettuerà il suo primo taglio dei tassi nella riunione del Fomc del 18 settembre. Così nella seconda parte del mese gli indici hanno recuperato il terreno ceduto, tanto che i mercati azionari globali hanno chiuso agosto in rialzo del 2%. La stabilizzazione è stata rapida tuttavia non ha dissipato del tutto le ombre sul futuro.

In ogni caso, l’andamento a due facce del mese ha confermato che è in momenti di forte volatilità che la calma e la disciplina diventano cruciali. Da considerare è la strategia di lungo periodo. Chi infatti investe globalmente e con un orizzonte temporale di diversi anni non dovrebbe preoccuparsi troppo delle oscillazioni a breve termine. La storia insegna che, nonostante le crisi ricorrenti, un approccio paziente e diversificato nel lungo periodo premia.

Le turbolenze di agosto, ancora una volta, hanno mostrato che la strategia migliore resta quella di mantenere la rotta e di continuare a investire con una visione di lungo termine, senza farsi sopraffare dall’emotività.

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