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Sui mercati il petrolio è tornato protagonista. Nelle ultime settimane il prezzo del greggio ha ripreso a rialzarsi. La sveglia è arrivata dopo un letargo che durava da diversi anni ormai e che aveva schiacciato le quotazioni in area 40-50 dollari.
A fine marzo è scattata la corsa in avanti e il greggio della qualità Brent è tornato sopra i 75 dollari (il Wti si muove intorno ai 68 dollari). È un livello che non si vedeva dal dicembre del 2014. Soltanto nell’ultimo mese, il valore del barile ha fatto un balzo in avanti del 15%. Proseguendo di questo passo, all’orizzonte potrebbe presto presentarsi quota 100 dollari.
La fiammata del petrolio è un nuovo motivo di incertezza per le piazze finanziarie. Il timore è che il rincaro del greggio possa diventare duraturo e portare a un rapido aumento dell’inflazione che, a sua volta, potrebbe spingere le Banche centrali a rivedere i propri piani sui tassi d’interesse. In particolare negli Stati Uniti dove, a marzo, si è già vista una risalita del costo della vita e i salari sono diventati un po’ più robusti. I due dati, se confermati anche nei prossimi mesi, potrebbero spronare la Fed, la Banca centrale Usa, ad aumentare il costo del denaro più di quanto previsto dagli operatori.
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