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Settimana ricca di dati nel complesso al di sotto delle attese, sia per quanto riguarda la crescita che l’inflazione. L’evento che però ha mosso maggiormente i mercati è stato l’esito del FOMC, l’ultimo dell’anno.
USA
La FED è stata molto abile nell’introdurre un accenno all’avvio del ciclo di rialzi dei tassi con l’avvertenza che l’azione sarà comunque attendista e moderata, senza però eliminare dal discorso il riferimento al fatto che i tassi rimarranno al livello attuale per un periodo considerevole di tempo. La dinamica al ribasso dell’inflazione ha portato il Comitato a rivedere al ribasso la propria aspettativa su dove potrebbero trovarsi i FED Funds per fine 2015, accogliendo quindi in parte ciò che era atteso dei mercati.
Europa
I dati europei più rilevanti della settimana sono stati la tenuta dei livelli dello scorso mese dell’indice di fiducia aggregato PMI e il secondo incremento mensile consecutivo dell’indice tedesco IFO per la componente aspettative. Probabilmente in entrambi i casi hanno giovato sul sentiment degli imprenditori l’indebolimento dell’euro ed il calo del prezzo del petrolio. Al momento, ma è naturalmente troppo preso per trarre conclusioni, non si sono ancora osservate le ripercussioni sulla fiducia dell’inasprirsi della recessione in Russia.
Il Federal Open Market Committee ha deciso di mantenere i tassi invariati. Questa scelta segna una pausa nel ciclo di abbassamento iniziato a settembre 2024 con tre riduzioni consecutive. Carlo Bodo, Responsabile del team obbligazionario di Ersel AM ne parla a AdvisorOnline.
Le prospettive di Wall Street sono positive pur in presenza di valutazioni elevate. Si teme una maggiore volatilità legata anche all'imprevedibilità delle politiche che il neo presidente deciderà di attuare. Ne parla Andrea Nascè a Affari & Finanza.
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