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Andrea Rotti, 48 anni, dal 24 luglio è amministratore delegato di Ersel, società di gestione con 18 miliardi di masse e la prima a calcare la scena del risparmio gestito italiano nel 1983.
Ingegner Rotti il risparmio gestito rappresenta una grande ricchezza per il nostro Paese; dopo anni di corsa ininterrotta oggi va a rilento. Perché?
Non proprio rallentamento, ma il settore vive una fase di maturità ed evidenzia una trasformazione importante determinata da più fattori di business, la Mifid, la specializzazione dell'offerta nei servizi finanziari e l'affermazione della gestione passiva e di contesto investimenti, la moria dei rendimenti obbligazionari. Sono tutte dinamiche che oltre ad aver inciso sul settore, lo spingono a un'evoluzione.
In che modo il governo potrebbe favorire questa evoluzione?
Riconoscendone la valenza strategica attraverso un dialogo costante e costruttivo tra il legislatore, l'industria e le sue associazioni di categoria.
Dialogo che però non c'è stato per esempio sui PIR...
Ai piani individuali di risparmio è stato attribuito un ruolo più ampio rispetto alla loro natura originaria: l'introduzione delle soglie minime di investimento su asset illiquidi ha però di fatto reso questi prodotti ingestibili.
Quindi cosa propone?
Di tornare almeno all'impostazione originale, che ha permesso al mercato di contare su importanti flussi di liquidità, e di favorire una visione strutturata della filiera dei prodotti che consenta di definire quali siano gli strumenti adatti alle diverse finalità.
Per esempio?
Per esempio gli Eltif, gli strumenti europei che avvicinano il risparmio diffuso all'ottica del lungo termine. Sono questi i prodotti più indicati per avvicinarsi al segmento dei titoli non quotati e che possono fare leva sull'incentivo fiscale che a partire dal 2020 favorirà i fondi europei a lungo termine, in maniera analoga a quanto avviene per i PIR. E il tema della defiscalizzazione associata al lungo periodo è molto importante perché può aiutare a trovare un'allocazione all'elevato livello di liquidità che ancora caratterizza la ricchezza finanziaria degli italiani.
Altri temi sul quali il Governo dovrebbe soffermarsi per rendere più efficiente il settore?
Siamo un paese ricco di risparmio, con molta distribuzione di soluzioni di asset management e relativamente poca produzione. Pensando al tema della dimensione del settore a confronto con quello degli altri paesi, credo sia anche importante il ruolo dei fondi pensione e quindi l'incentivo fiscale alla costruzione della previdenza volontaria. Una campagna di comunicazione che ne faccia capire l'importanza potrebbe giovare l'intero comparto. Altro tema potrebbe essere quello di uniformare i regimi fiscali tra risparmio amministrato e risparmio gestito, un provvedimento che aiuterebbe a rendere più fluido il computo e il ricorso alle diverse soluzioni. Anche armonizzare le soglie minime sui fondi alternativi, guardando le best practice degli altri paesi europei potrebbe essere un elemento da valutare che aiuterebbe a perseguire l'obiettivo comune di industria e legislatore della competitività del comparto nostrano rispetto agli altri paesi. Infine, prevedere dei piani di educazione finanziaria e ragionare su come favorirla fin dalla scuola.
I mercati finanziari non possono crescere all'infinito. Partendo da questo assunto, bisogna constatare però che le Borse continuano a salire, toccando valori quest'anno che «sembravano irraggiungibili». Ne parla Guido Giubergia, Presidente di Ersel, a Il Sole 24ORE.
Perché alcuni Paesi sono ricchi e altri rimangono poveri? È una domanda che è sempre stata centrale nelle scienze sociali e in economia.
Il 2024 si annuncia come l’anno di inversione sui tassi. Alcune banche italiane saranno più penalizzate di altre, specie quelle che non hanno fabbriche prodotto. Carlo De Vanna, Senior Fund Manager di Ersel Asset Management, ne parla a We Wealth.
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