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Guido Giubergia
Intervista a
Presidente
Fonte

La Stampa - Speciale TOP500

PAG. 36 - del 12-apr-2022
Ersel cambia passo e si trasforma in banca

«Ersel è una macchina molto rodata, con persone competenti che lavorano con noi da molti anni: una garanzia. Non c'è nessuno con le nostre dimensioni e il nostro profilo: abbiamo un'indipendenza totale». Guido Giubergia, Presidente del Gruppo Ersel, intervistato da La Stampa.

Seduto al grande tavolo al secondo piano della palazzina di Piazza Solferino, Guido Giubergia racconta i piani per il futuro.

Presidente di uno dei maggiori gruppi privati d'Italia, ha attraversato le stagioni della finanza tricolore senza mai lasciare Torino, la città in cui, nel 1936, è nata la società che oggi può contare su una squadra di 320 persone e ha appena portato a termine una trasformazione: la boutique che, con discrezione, è un riferimento per le famiglie con grandi patrimoni, si è trasformata in banca.
 

Presidente, avete iniziato il 2022 con una nuova veste.


«Alla fine dello scorso anno ci sono stati tre eventi particolari, importanti ma complessi. A partire dalla fusione di Banca Albertini con Ersel, che si è conclusa formalmente all'inizio di quest'anno. Tra i principali aspetti della fusione c'è anche l'evoluzione del nostro sistema operativo che rappresenta il secondo evento importante. Un processo necessario per rispondere ad esigenze sempre più sofisticate, con applicazioni su tutto il Gruppo. Inoltre stiamo lavorando sugli investimenti informativi a completamento della nostra piattaforma informatica. Un esempio è l'integrazione di soluzioni specifiche per le varie esigenze legate al nostro business, come la realizzazione di un moderno sistema di CRM dedicato alle nostre attività di private banking integrato con il sistema informativo principale».
 

Chi ha comprato chi?


«È stata una fusione per integrazione e di comune accordo abbiamo deciso di continuare a chiamarci Ersel».
 

Dunque, siete una banca. 


«Continuiamo ad essere relativamente piccoli, gestiamo poco più di 20 miliardi di masse. Ma le nostre dimensioni ci permettono di posizionarci in quello che oggi è un vuoto tra le società e banche di piccole e grandi dimensioni. Ci attestiamo nel mezzo, come una vera società di private banking di medie dimensioni».
 

Chi sono i vostri concorrenti?


«Non c'è nessuno delle nostre dimensioni e con il nostro profilo. Abbiamo una indipendenza totale, la società è controllata dalla nostra famiglia e non abbiamo liaison con nessuno». 
 

L'inflazione vola, i tassi, almeno in Europa, sono ancora ai minimi. Quanto è difficile fare business in questa fase?


«I mercati continuano ad essere tonici perché nessuna attività oggi può sostituire quella dell'equity che nelle scorse settimane ha continuato a crescere. È evidente che se i tassi salissero oltre certi livelli a quel punto diventerebbe un problema per i mercati finanziari. Lo scenario non è semplice».
 

Come avete approcciato il trend dell'ESG?


«Abbiamo costituito dei fondi dedicati, come Innotech e Infrastructure, con l'obiettivo di essere remunerativi, ma soprattutto capaci di sostenere un cambiamento positivo. Ma i criteri dell'ESG vanno anche ad influenzare le logiche dei nostri prodotti più longevi e delle strategie sui mercati privati, come ad esempio il real estate. Ersel, inoltre, esprime la sua attenzione al tema della sostenibilità anche nelle scelte intraprese a livello di Gruppo. È stato istituito un comitato ESG che coinvolge sia le funzioni aziendali sia le prime linee manageriali, ed è stata nominata una Responsabile ESG Strategy del Gruppo».
 

E il terzo evento?


«Avevamo una holding che controllava sia il gruppo bancario sia le attività collaterali che abbiamo rilevato negli anni. Abbiamo colto questa occasione per fare una ulteriore operazione di scissione e abbiamo diviso la banca dalla nuova società, che ha preso in carico tutto il resto».
 

Che cos'è questo resto?


«Tutti gli altri investimenti fatti come famiglia e che non hanno sinergie con il core business, come ad esempio l'Ospedale Koelliker e le nostre partecipazioni in altre società. Per noi è molto importante mantenere le due cose separate».
 

E la sua Torino come sta?


«Dopo un periodo di immobilità si può solo fare meglio. Ritengo che il sindaco Stefano Lo Russo abbia una visione moderna e aperta della città».

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Guido Giubergia

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