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Sarà una coincidenza ma anche quest’anno l’avvio della primavera è coinciso con una serie di letture negative sugli indicatori di crescita. ISM manifatturiero e non, sussidi alla disoccupazione e mercato del lavoro hanno deluso le attese.
Stati UnitiCiò era successo anche nel 2011 e nel 2012 e questo ha subito indotto alcuni commentatori a fare il parallelo con le fasi di rallentamento osservatesi nei due anni precedenti. Un razionale ci potrebbe essere, ed è quello rappresentato dagli effetti della politica fiscale sulle decisioni di spesa di famiglie e imprese. In parte tale dinamica è stata già anticipata dagli analisti, per cui l’incertezza è rappresentata più dall’entità del rallentamento che
dal suo verificarsi.
Area Euro
Il commento di Draghi alla decisione del Consiglio Direttivo della BCE di non apportare modifiche alla condotta della politica monetaria ha chiarificato il pensiero della banca su alcuni punti. La BCE ha preso atto del rinnovato pessimismo nelle attese degli operatori economici e Draghi, con una serie di passaggi verbali (tra cui spicca il “monitor very closely” usato da Trichet per segnalare in anticipo una mossa sui tassi), ha lasciato intendere di essere pronta a ridurre il costo del denaro di 25 p.b. in tempi brevi qualora le attuali tendenze del ciclo economico dovessero mantenersi invariate. In particolare il deterioramento delle aspettative anche in paesi che non soffrono alcun credit crunch, come nel caso della Francia, testimonia le carenze da domanda in questo momento presenti nell’area euro forse più importanti degli effetti negativi dovuti alla stretta del credito operata dalle banche. Per quanto riguarda il tema delle misure di sostegno al credito verso le piccole e medie imprese la BCE non pare sul punto di prendere nuove iniziative. Il tema non sembra tanto essere una preclusione ideologica nel farsi carico in qualche modo del rischio di credito, quanto il fatto che iniziative analoghe già partite in altri paesi (UK) non sembrano sortire particolari effetti. Il cantiere delle idee è aperto, con esiti che a seconda dei commentatori variano dall’ineluttabilità di una qualche forma di intervento, magari lasciando margini di manovra alle banche centrali nazionali, alla sostanziale inazione per carenza di vie praticabili. Riguardo al “metodo Cipro” il Governatore Draghi non ha fatto obiezioni al fatto che vengano coinvolti i soggetti privati nel caso di dissesto finanziario di una banca. Il punto per la BCE è che devono essere definite ex ante delle regole di comportamento e in particolate deve essere definito il perimetro di quali asset sono a rischio di coinvolgimento nel caso in cui un nuovo evento si ripresenti. Per la BCE il tema non è “coinvolgimento del settore privato sì o no” quanto piuttosto la definizione ex ante di una procedura che ne regoli il funzionamento, piuttosto che un approccio dettato dalle circostanze contingenti. Un altro punto degno di nota è stato quello in cui Draghi ha detto che ora la zona euro è in grado di affrontare una crisi importante senza che questa pregiudichi l’esistenza della moneta unica o che porti a problemi sistemici. Lettura troppo compiacente dell’atteggiamento benevolo assunto fino ad ora dai mercati o affermazione fondata sulla potenza di fuoco dell’OMT? Difficile dare una risposta, c’è da sperare che ai mercati non venga in mente di testare queste nuove affermazioni del Governatore. Nel confronto con le altre banche centrali (si veda cosa ha fatto la Banca del Giappone nello stesso giorno) la BCE ha chiaramente dato l’impressione di essere quella meno propensa a intraprendere nuove misure non convenzionali.
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