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Settimana decisamente “leggera” per quanto riguarda i dati macro. Ne consegue che dal punto di vista dell’analisi di breve periodo non vi sono novità da segnalare. Con i dati di dicembre sull’occupazione, PIL e produttività possiamo confrontare i trend complessivi emersi nel 2012 rispetto a quanto osservatosi negli anni precedenti.
Stati Uniti
La crescita dell’occupazione (i non farm payroll sono passati da una variazione media mensile di 175mila unità nel 2011 ad una di 181mila nel 2012) in un contesto di variazione del PIL contenuto sono un segnale che il trend potenziale dell’economia americana nel 2012 è risultato decisamente basso (nelle analisi di lungo periodo una variazione dell’occupazione avviene quando la crescita dell’economia si discosta dal suo potenziale). La FED è consapevole di questo fenomeno ma lo ha qualificato come un fattore temporaneo destinato a riassorbirsi con il tempo. Ovverosia la FED ritiene che il vero potenziale di crescita del PIL non sia quello modesto osservatosi in questi anni, ma sia più elevato ed in maggior sintonia con il tasso precrisi. Vi è però la possibilità che la recessione più drammatica del dopoguerra abbia lasciato ferite indelebili sul potenziale di crescita, e che le assunzioni della FED (al momento assolutamente ragionevoli) si dimostrino non corrette. Solo i dati dei prossimi mesi valideranno in quale dei due contesti si sta muovendo l’economia americana. Le conseguenze sul livello esatto del potenziale sono rilevanti, in quanto da esso dipendono, oltre ovviamente le variabili di crescita, anche quelle di inflazione e quindi lo spazio di manovra della Banca Centrale.
Area Euro
Nell’area euro l’evento più rilevante della settimana è stata la consueta riunione mensile della BCE.
L’attenzione più che sulle possibili decisioni in materia di tassi era concentrata sulle parole di Draghi a commento del recente rafforzamento dell’euro. Il messaggio, percepito dai mercati, di totale chiusura ad un ribasso dei tassi esposto nel meeting di gennaio, e la successiva riduzione del bilancio BCE come conseguenza dei primi rimborsi dell’LTRO hanno determinato un rialzo dei tassi sul mercato monetario ed un rafforzamento dell’euro. Nella conferenza stampa di Draghi a complemento del meeting del 7 febbraio queste tematiche sono state affrontate dal Presidente con attenzione. Infatti il messaggio centrale è stato quello che la BCE, non solo vuole mantenere condizioni accomodanti nel sistema economico, ma anche che è sensibile, più sensibile di quello percepito dai mercati dopo la conferenza stampa di gennaio, a fattori esogeni, come il cambio, che possono ostacolare il suo obiettivo. Il “cavallo di Troia” che Draghi sembra volere utilizzare per poter eventualmente agire in risposta a variazioni del tasso di cambio è quello dei suoi effetti sul livello dei prezzi, in modo tale da fornire un conto argomento ai suoi colleghi più sensibili alla sola stabilità monetaria. Ne consegue che d’ora in avanti le probabilità di azione della BCE sui tassi dovranno essere valutate anche alla luce delle considerazioni che la Banca centrale farà sul nesso cambio inflazione.
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