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Nel corso delle ultime settimane sono state pubblicate alcune tra le più rilevanti statistiche mensili, come gli indici ISM manifatturiero e non, gli ordinativi di beni durevoli, i redditi e consumi personali di marzo e i dati sul mercato del lavoro.
Inoltre a livello trimestrale sono stati resi noti i dati sul PIL di Q1 e quelli relativi alla produttività. Nel complesso questa evidenza statistica non ha alterato la nostra visione moderatamente costruttiva per quanto riguarda l’economia americana, che dovrebbe continuare ad espandersi ad un tasso tutto sommato modesto se confrontato con i numeri per recessione e prossimo al 2%. Il 2012 dovrebbe far registrare un progresso del PIL del 2,1% in moderata accelerazione rispetto al 1,7% del 2011. Da notare infine che sia i dati trimestrali sul costo unitario del lavoro che quelli mensili sulle retribuzioni orarie mostrano la capacità delle imprese americane di tenere ampiamente sotto controllo la variabile di costo più importante, il lavoro. Da questa evidenza statistica non vi sono segnali di una significativa erosione dei margini di profitto, anche se è opinione di molti commentatori che non vi sia molto spazio per un loro ulteriore ampiamento.
Nelle ultime settimane la tensione sui mercati azionari e del debito europei si è mantenuta elevata anche a causa di dati sulla crescita dal tono negativo. Soprattutto gli indicatori anticipatori (PMI e sondaggi nazionali) descrivono un avvio del secondo trimestre peggiore di quello da noi ipotizzato ad inizio anno, tanto che l’aspettativa di un miglioramento del ciclo a partire dalla primavera potrebbe venire messa in discussione. Cruciale a questo proposito sarà la lettura dell’indice PMI di fine maggio. Notizie moderatamente positive giungono invece dal sondaggio trimestrale condotto dalla BCE sullo stato del credito. I dati aggregati mostrano che pur in un contesto di avversione all’erogazione del credito le banche hanno rilassato in maniera significativa il loro atteggiamento che comunque, va ribadito, rimane restrittivo. Il miglioramento è sicuramente imputabile all’effetto delle due aste a 3 anni volute dalla BCE che ha agito sia sul costo del finanziamento che sulle quantità erogabili. Ciò conferma che l’azione della BCE ha ridotto di molto il rischio di un credit crunch in Europa (si vedano i due grafici sotto riportati). In questa fase è importante monitorare quanto sta avvenendo nel nostro paese. Il brusco peggioramento degli indicatori anticipatori osservato nel mese di aprile (si veda il primo grafico sotto riportato) potrebbe tradursi in una contrazione dell’economia italiana anche per il secondo trimestre, portando il periodo di calo consecutivo del PIL a 12 mesi. Il sondaggio sul credito condotto dalla BCE per la parte che riguarda la sola economia italiana mostra una riduzione della stretta creditizia operata dalle banche, in accordo con quanto visto a livello europeo, segno che anche nel nostro paese gli effetti benefici dell’LTRO si sono manifestati. Tuttavia la recessione in atto riduce fortemente la volontà di famiglie ed imprese di richiedere prestiti alle banche, per cui è questo il fattore che più penalizza lo sviluppo del credito nella nostra economia. Fattore di natura ciclica e che potrà migliorare solo in parallelo con l’economia (...).
I mercati finanziari non possono crescere all'infinito. Partendo da questo assunto, bisogna constatare però che le Borse continuano a salire, toccando valori quest'anno che «sembravano irraggiungibili», di fronte alle incertezze globali, alle tensioni geopolitiche e, più di recente, alle elezioni americane. Questo mostra, ora più che mai, «uno scollamento» con la realtà. Ne parla Guido Giubergia, Presidente di Ersel, a Il Sole 24ORE.
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