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Guido Giubergia
Intervista a
Presidente
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La Stampa - Pag. 18

del 11-apr-2020

Guido Giubergia - Il presidente di Ersel: «La mia proposta a Conte, un'alternativa a chiedere soldi all'Europa». Nei giorni scorsi Giubergia ha scritto una lettera aperta al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, per ragionare sulle strade da percorrere. La proposta è di cercare soluzioni innovative che coinvolgano di più il risparmio degli italiani. Niente patrimoniali però.

«Le nostre generazioni hanno vissuto decenni di pace e prosperità. Ora si trovano improvvisamente di fronte a una crisi enorme, come mai se ne erano viste dalle due guerre mondiali in poi».

È la riflessione dolente di Guido Giubergia, navigato conoscitore del mondo dei mercati e della Borsa che, con i suoi quasi 40 anni di esperienza sulle spalle, ha già attraversato molte grandi crisi. Oggi è presidente di Ersel, società di famiglia fondata nel 1936 a Torino. Ersel conta su 19 miliardi asset amministrati.
 

Nei giorni scorsi Giubergia ha scritto una lettera aperta al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, per ragionare sulle strade da percorrere. La proposta è di cercare soluzioni innovative che coinvolgano di più il risparmio degli italiani.

Niente patrimoniali però. L'idea è di nuovi "strumenti di solidarietà" che facciano guadagnare gli investitori e che, allo steso tempo, aiutino l'Italia a uscire dalle difficoltà. Senza chiedere aiuti all'Europa. L'attenzione prevalente è sugli aiuti dall'Europa, mentre il suo suggerimento è di guardare oltre, e di puntare su una "solidarietà del risparmio" in Italia.
 

Che cosa intende?

«Una strada più semplice e rapida degli aiuti dall'Europa potrebbe essere la totale detassazione di titoli di debito e capitale emessi da Paesi e aziende. Questo strumento potrebbe essere adottato da tutti i Paesi europei al proprio interno. A sottoscrivere questo tipo di emissioni sarebbero risparmiatori ma anche banche, imprese, fondazioni, fino ai fondi di investimento. Tutti attratti dal vantaggio di non pagare imposte su quanto realizzato. Niente soldi da Bruxelles quindi ma dagli italiani che investirebbero con il bonus del Fisco. In questo siamo molto avvantaggiati perché gli italiani sono grandi risparmiatori. Siamo un Paese ricco in uno Stato povero. Uno strumento di questo tipo porterebbe a una "solidarietà del risparmio" in luogo della tanto avversata, da alcuni, "solidarietà del debito". In più, si tratta di un passo politicamente molto più accettabile. Di sicuro mobiliterebbe cifre imponenti per la rinascita dell'Italia».
 

La crisi mette in pericolo l'economia reale. Le aziende italiane rischiano di non farcela. Che cosa suggerisce?

«Occorre muoversi con grande velocità. Proprio come per le malattie gravi, anche i problemi economici hanno bisogno di rapidità di azione per essere risolti. In questo senso bisogna fare in modo che i 400 miliardi di finanziamenti decisi dal recente "Decreto Liquidità" non restino ingolfati nei canali della burocrazia per mesi. Devono arrivare a chi ne ha maggior bisogno nel modo più veloce possibile. In alternativa ci sarà una grande moria di imprese e il nostro Paese diventerà di colpo più povero».

Quali sono le aziende che rischiano di più?

«Quelle più piccole, che in questo momento hanno meno ossigeno e sono meno solide. Quelle più grandi hanno spalle più robuste, spesso sono già da tempo sui mercati dei capitali e sono diversificate nel business, anche sui mercati esteri».
 

Lei è stato testimone di diverse crisi finanziarie ed economiche nei decenni passati. Che differenze vede?

«L'emergenza coronavirus sta mettendo in ginocchio il mondo intero e riguarda tutti noi. Il fenomeno di oggi è indecifrabile e non ci sono certezze sui tempi». -

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Guido Giubergia

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