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Da una parte Milano torna a brillare: vanta la performance migliore d'Europa mentre lo spread si posiziona in area 230 punti, sebbene sia tornato positivo per la prima volta dall'ottobre 2015 il rendimento dei Bot annuali.
Dall’altra gli esperti sembrano farsi la stessa domanda: sarà al meeting di Riga del 14 giugno o a Fracoforte il 26 luglio?
Il mercato conta i giorni e scommette sul grande annuncio sulla fine del Qe della Banca centrale europea, annuncio atteso in una di queste due date di riunione del Consiglio direttivo con la conferenza stampa del presidente e vicepresidente a seguire. I tassi dell’Euribor già da qualche giorno hanno iniziato a muoversi con uno steepening, cioè al rialzo perché la fine del Qe rende la politica monetaria meno accomodante ed è l’inizio della “stretta” che sarà seguita da un primo rialzo dei tassi, per il momento anticipato dal mercato, nella seconda metà del 2019 o comunque prima della fine dell’era del presidente Mario Draghi, in uscita nell’ottobre 2019.
Tassi italiani e mercato fixed income europeo
In questo panorama per gli investitori obbligazionari l’oceano appare increspato, se non periglioso. Ma andiamo con ordine. Sulla situazione italiana, come spiega a mente fredda Carlo Bodo, responsabile obbligazionario di Ersel, “la fase di relativa tranquillità con la quale il mercato aveva accolto la tornata elettorale di marzo era fondata su aspettative di formazione di un governo tecnico o con un'influenza rilevante di forze moderate. A partire dalla metà di maggio la Lega e il M5S hanno lasciato a più riprese trapelare le bozze di quello che nelle settimane successive sarebbe diventato il “contratto di governo” con cui le due forze politiche hanno iniziato la nuova legislatura. Il mercato ha dovuto – in un brevissimo lasso di tempo – fare i conti con nuove pressioni centrifughe rispetto all’unione monetaria e di allontanamento dai percorsi fiscali prestabiliti per il Paese. Questo ci ha riportato indietro, al 2011, anche se soltanto per qualche giorno, ad una velocità che da anni non eravamo più abituati a vedere: il tasso decennale italiano ha rapidamente raggiunto e superato il 3%, ma cosa ancor più grave, il tasso a 2 anni governativo è arrivato al 2.50% e oltre. Poi la formazione di un governo politico ha fatto rientrare la situazione su livelli meno tesi, anche se molti dei nodi emersi a maggio restano ancora tutti da chiarire”, riassume l’esperto.
Che poi continua: “al movimento sui tassi italiani, quelli dei cosiddetti Paesi core dell’area euro, in primis della Germania, hanno reagito in prima battuta con il classico movimento di ‘flight to quality’ facendo scendere il tasso perché la prima linea di difesa è proprio utilizzare lo spread tra Italia e Germania come copertura. Sospesa temporaneamente la fase acuta della crisi italiana, con il nuovo governo gialloverde che ha ricevuto la fiducia dalle camere, il mercato obbligazionario europeo proprio in questi giorni, è tornato a fare i conti con la Bce che, per voce del capo economista Praet, vuole seguire il percorso programmato. Le dichiarazioni in oggetto fanno intendere che la proposta di politica monetaria che verrà portata al tavolo del meeting di metà giugno per la discussione, non saranno condizionate dal tema italiano quanto piuttosto orientate alla fine del Qe, essendo il quadro macroeconomico ed inflazionistico sufficientemente migliorato”.
Tre considerazioni
Tracciato lo scenario attuale per Carlo Bodo le considerazioni da fare per un investitore che voglia detenere obbligazioni sono essenzialmente tre. In primo luogo “l’Italia ha subito un’inversione nella percezione degli investitori e la diffidenza sui titoli governativi – ma in misura minore anche il mercato dei corporate italiani – farà si che difficilmente potranno rappresentare nei prossimi mesi un investimento cui dedicare una quota rilevante di un patrimonio”, indica il gestore. In secondo luogo, “i tassi in Europa sono ancora indirizzati al rialzo, perché la Banca Centrale vuole continuare nel suo lento e graduale processo di normalizzazione e probabilmente non si farà fermare da questioni specifiche, soprattutto di natura politica”, afferma. Infine “gli spread di credito in Europa, soprattutto quelli investment grade, dovranno fare i conti con il tapering della banca centrale. Ci aspettiamo quindi un graduale aumento degli spread, dovuto al venir meno del compratore di ultima istanza ed alla ‘concorrenza’ proveniente da rendimenti governativi in aumento”, conclude il manager.
Negli ultimi 20 anni, la fine della globalizzazione è stata annunciata molte volte: dopo il voto della Brexit, in occasione della prima vittoria elettorale di Trump, durante la pandemia e dopo lo scoppio della guerra in Ucraina.
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