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Negli ultimi 20 anni, la fine della globalizzazione è stata annunciata molte volte: dopo il voto della Brexit, in occasione della prima vittoria elettorale di Trump, durante la pandemia e dopo lo scoppio della guerra in Ucraina.

Globalizzazione e dazi

Focus

La strategia della Bce dopo Trump

La numero uno della Banca centrale europea (Bce) ha proposto una strategia «checkbook» in cui l'Europa aumenterebbe gli acquisti di prodotti americani, tra cui il gas liquido (Gnl).

Adesso il timore è che le nuove politiche tariffarie annunciate da Trump, rieletto alla Casa Bianca per la seconda volta, possano definitivamente archiviare l'era della globalizzazione. Occorre tuttavia collocare gli annunci di Trump nel giusto contesto. Innanzitutto bisogna capire quanti di questi proclami rappresentano strategie negoziali e quanti si trasformeranno davvero in impegni concreti.

Guardando al passato, emerge che molti degli annunci fatti da Trump durante il suo primo mandato sono serviti soltanto come merce di scambio e alla fine non sono mai stati realizzati. Inoltre le varie provocazioni tariffarie annunciate in campagna elettorale, sempre se saranno davvero applicate, riguardano solamente il commercio di beni e non quello di servizi che comunque hanno un’importanza sempre più rilevante nella globalizzazione. 

C’è poi da dire che, soltanto il 13% delle merci scambiate nel mondo è destinato agli Stati Uniti. Il restante 87% delle importazioni si sposta verso altri Paesi ed aree: Cina, Germania, Giappone e così via. Questo significa che la globalizzazione non dipende esclusivamente dalle scelte americane, ma è influenzata anche dalle politiche commerciali di altre nazioni.

Occorrerà aspettare e capire quali decisioni saranno prese. Intanto l’incertezza è grande anche perché la tempesta commerciale promessa da Trump arriva in un momento di fragilità per l’economia globale e in particolare per l’economia dell’Europa. 

Nel frattempo i partner commerciali interessati da possibili misure stanno valutando le prossime mosse. Come accaduto con il primo mandato di Trump, potrebbero prendere in considerazione di bilanciare «bastone» (durante la prima presidenza Trump, quando gli Stati Uniti hanno introdotto tariffe sull'acciaio, l'Ue ha deciso di imporre tariffe sulle moto e sul whisky) e «carota»: Christine Lagarde ha di recente chiesto di mantenere un approccio diplomatico in risposta alle potenziali minacce tariffarie di Trump e di procedere con la «negoziazione» piuttosto che con la «ritorsione».

Gli equilibri in gioco sono sottili ed è davvero difficile prevedere che cosa accadrà. Tra gli scenari possibili c’è anche l’ipotesi che Trump crei una tempesta nel suo stesso Paese, il che sarebbe molto negativo anche per i suoi stessi elettori. Il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha calcolato che un aumento globale dei dazi del 10% sugli scambi tra Stati Uniti, Cina ed Europa potrebbe ridurre il Pil globale dello 0,4% entro il 2026.

Tuttavia, l'impatto sarebbe più pesante per gli Stati Uniti, con una diminuzione prevista dello 0,4% nel 2025 e dello 0,6% nel 2026. I dazi, insomma, potrebbero danneggiare l’economia americana, soprattutto il settore manufatturiero, causando un calo dei posti di lavoro e un incremento dell’inflazione che oggi si muove su livelli ancora elevati. 

L’incertezza è grande. Da un punto di vista globale, tuttavia, è fondamentale un altro aspetto: che i partner commerciali degli Stati Uniti non si scontrino tra loro. In pratica se Trump dovesse alzare i muri tariffari contro la Cina, l'Europa potrebbe a sua volta introdurre barriere su alcuni prodotti cinesi perché altrimenti questi prodotti potrebbero inondare il mercato europeo e causare problemi ai produttori nazionali.

Gli inizi di questa dinamica sono già visibili oggi. Dopo che in estate gli Stati Uniti hanno deciso di imporre tariffe elevate sui veicoli elettrici provenienti dalla Cina, in autunno l'Ue ha seguito l'esempio introducendo dazi all'importazione sulle auto elettriche cinesi.

È ancora presto per capire che cosa succederà. Sebbene l'elezione di Donald Trump e le sue politiche protezionistiche sollevino preoccupazioni riguardo alla direzione futura del commercio globale, è prematuro affermare che la globalizzazione sia destinata a finire. La storia recente ha dimostrato che, nonostante le crisi e le tensioni, i legami commerciali tra le nazioni continuano a resistere e a evolversi.

Le politiche di Trump potrebbero certamente influenzare il clima commerciale ma la globalizzazione è un fenomeno complesso e interconnesso che va oltre le scelte di un singolo leader. Potrebbe trasformarsi, diventando meno libera e più orientata a nuove alleanze regionali ma non scomparirà. E dopo aver resistito a tanti eventi drammatici nei passati decenni, sopravviverà anche alla seconda presidenza Trump.

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