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La debolezza della Germania, motore dell’economia in Europa e primo partner commerciale e produttivo dell’Italia, è sotto la lente dei mercati. Gli operatori aspettano impazienti i segnali di una ripartenza ma il timore è che il Paese sia arrivato al capolinea del suo modello di sviluppo. La preoccupazione è grande.
Le difficoltà che affliggono la Germania potrebbero intensificare le sfide economiche delle altre economie europee e spostare in avanti nel tempo qualsiasi speranza di un ritorno dell’area a una crescita robusta. L’auspicio unanime è che Berlino possa riacquistare al più presto la propria forza economica e riprendere la strada verso uno sviluppo sostenibile. Non sarà però un percorso facile. La crisi ucraina ha messo all’improvviso il Paese di fronte a problematiche profonde che si stanno rivelando di difficile risoluzione.
Che cosa sta succedendo? Per molti anni il modello economico tedesco è stato considerato un esempio vincente. In passato la crescita tedesca ha costantemente superato i rivali, ma parte del successo era legato alle importazioni di gas a basso costo dalla Russia. Questo aspetto consentiva alle industrie tedesche di mantenere costi di produzione contenuti e di primeggiare nell’export a livello globale. L’aggressione russa in Ucraina e l’impennata dei prezzi dell’energia hanno di colpo messo in difficoltà il modello germanico. La crescita economica, con la sua elevata dipendenza da industrie ad alta intensità energetica, soffre ora a causa dei costi energetici rincarati. Questo ha portato alcune grandi aziende, tra cui Basf, a considerare la delocalizzazione.
La questione è oggetto di un dibattito molto acceso nel Paese e la paura è di una deindustrializzazione all’orizzonte. Anche altre dinamiche incidono sul quadro generale. Per esempio, nel settore delle energie rinnovabili, alcune aziende hanno spostato la propria produzione negli Stati Uniti dove possono anche beneficiare dei generosi incentivi per l’industria verde. A complicare ulteriormente le cose c’è il settore automobilistico, tradizionalmente uno dei pilastri dell’economia tedesca, che sta subendo una crescente concorrenza dalla Cina. Inoltre, la carenza di manodopera qualificata, una burocrazia tentacolare, regolamentazioni oscure e infrastrutture inadeguate stanno ostacolando le imprese del Paese. La risoluzione di questa serie di sfide si prospetta tutt’altro che facile. Il futuro appare incerto.
Alcune previsioni indicano un miglioramento graduale dell’economia tedesca a partire all’inizio del prossimo anno. Al momento però la Germania rimane significativamente indietro rispetto all’economia globale, posizionandosi come fanalino di coda in Europa e come unico Paese con il segno meno nell’area. Secondo S&P, nel 2023 il Pil tedesco dovrebbe contrarsi dello 0,2%, il peggiore andamento tra i principali Paesi europei. Al contrario, Spagna (+2,1%), Belgio (+1%) e Italia (+0,9%) vedono stime di crescita positive, così come pure l’Eurozona nel suo complesso (+0,6%). Nonostante questo scenario poco promettente, gli esperti intravedono una possibile ripresa nel 2024: il Pil tedesco dovrebbe crescere dello 0,6% appena sotto la media dell’Eurozona (+0,9%).
Il quadro non è certo roseo, ma la storia ha dimostrato che la Germania possiede una straordinaria capacità di ripresa. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, il Paese ha attraversato ripetute reinvenzioni economiche e sociali, affrontando sfide significative. Proprio come oggi si è trovata più volte di fronte a grandi montagne da scalare: integrare milioni di sfollati, ricostruire le infrastrutture e l’economia, superare la guerra fredda in un Paese diviso, poi la riunificazione con i suoi grandi sconvolgimenti sociali, le crisi finanziarie ed economiche.
Il Paese ha sempre saputo superare le sfide che si è trovato di fronte. I risultati sono stati sostenuti anche dalla struttura economica tedesca, che si basa sulle piccole e medie imprese familiari, più resilienti, flessibili e aperte al cambiamento. Ora queste imprese guardano alla politica e chiedono riforme e investimenti strategici per tutto il Paese. Senza lasciarsi guidare dalla paura e permettere così che la discussione sulla «Germania malato d’Europa» diventi una profezia che si autoavvera.
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