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In questi giorni di incertezza sugli esiti della Brexit e di timori per le elezioni europee alle porte, l’Europa è costretta a confrontarsi con un nuovo problema: quello della Via della Seta.
Finora questo tema è sempre stato relegato ai commerci di tessuti antichi e ai famosi viaggi di Marco Polo in Cina. Adesso però l’Europa si è accorta che la Via della Seta non è più qualcosa di esotico e di lontano nel tempo ma che si sta improvvisamente concretizzando in una possibile nuova minaccia che spunta proprio alle sue porte, per esempio nei porti di Genova e di Trieste con i progetti su nuove infrastrutture.
Quelle su Genova e Trieste sono solo due iniziative tra le tante contenute nel memorandum sulla nuova Via della Seta firmato il 23 marzo scorso a Roma dal presidente cinese Xi-Jinping e dal nostro premier Giuseppe Conte. In tutto si tratta di 29 intese, tra cui 10 accordi commerciali con società ed enti italiani che individuano nuove modalità di cooperazione tra i due Paesi in settori come quello delle infrastrutture, dell’energia, dei trasporti e dei finanziamenti. È un enorme progetto dal quale il nostro Paese spera di avere importanti vantaggi commerciali, specie per le piccole e medie imprese che guardano all’export e che sono l’ossatura della nostra economia. La firma Cina-Italia è stata però accolta con molto timore in Europa.
In passato, Pechino ha trovato un muro nell’area occidentale e l’Italia è il primo Paese, tra quelli che fanno parte del G7, ad aver aderito ufficialmente a un’iniziativa di interconnessione economica, culturale e diplomatica che consentirà però anche di tessere un’ampia rete commerciale globale sotto il controllo della Cina. Il progetto cinese della nuova Via della Seta non è una novità e la firma di Roma è solo un pezzo dell’intero progetto.
Di questa nuova Via si parla ormai da sei anni ed è nota in tutto il mondo come la Belt and Road Initiative (Bri). Finora ha visto la concessione di finanziamenti per oltre 200 miliardi di dollari a livello globale. Per gli esperti questa cifra potrebbe quintuplicare nei prossimi dieci anni. Il progetto è strettamente legato al nome di Xi-Jinping, che lo ha lanciato subito dopo il suo insediamento avvenuto nel 2013.
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Paolo Magri
Managing Director e President Advisory Board ISPI
Se il 2024 è stato un anno di profondi cambiamenti, alcuni attesi – come le elezioni europee e americane – e altri del tutto imprevisti, come il collasso del regime di Assad in Siria, il 2025 si annuncia come l’anno in cui i grandi attori mondiali saranno chiamati alla prova dei fatti. A trasformare insomma piani, promesse e ambizioni in azioni concrete.
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