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Le dichiarazioni della Fed riguardanti la riunione del 19-20 settembre sono state lette come più accomodanti rispetto alle altre recenti comunicazioni della banca centrale.
Stati Uniti
In particolare, mentre la maggior parte dei membri del FOMC, l’organismo incaricato di sorvegliare le operazioni di mercato, continua a vedere un altro rialzo quest’anno come una mossa appropriata, una parte comunque non trascurabile di loro interpreta questo rialzo come contingente e legato ai dati dei prossimi mesi, in particolare a quelli sull’inflazione. In questo contesto l’inflazione americana ha ulteriormente esaltato la visione dovish di una parte della Fed. Il dato è stato nuovamente più basso delle attese, 1.7% contro 1.8% ipotizzato. D’altro canto la crescita rimane al di sopra del potenziale, in un intorno del 2,5%, grazie a consumi e investimenti. I recenti uragani causeranno volatilità ai dati ma senza mutare il trend di fondo, sostenuto da elevati livelli di fiducia e dal mercato del lavoro. Per quanto riguarda la politica fiscale, l’accordo lampo Trump-Democratici ha spostato a inizio dicembre il dibattito sul tetto al debito pubblico, eliminando nel breve le incertezze. È parere di molti analisti che l’amministrazione Trump riuscirà entro i primi mesi del 2018 a varare un qualche tipo di riforma fiscale. L’impatto sull’economia non dovrebbe però essere molto ampio data la bassa propensione delle Camere a varare riforme più incisive.
Area Euro
L’euro forte, che in termini ponderati ha riassorbito l’indebolimento dovuto al Quantitative Easing, pone qualche interrogativo alla dinamica di crescita ed inflazione. L’impatto per la prima dovrebbe essere contenuto (la BCE stima nell’ordine dello 0,3%) poiché: 1) le fiducie rimangono elevate, 2) la crescita è trainata dalla domanda interna e quindi meno esposta alle fluttuazioni dell’export, 3) quest’ultimo è influenzato dal cambio, ma anche dalla domanda internazionale attualmente in ripresa. È lecito aspettarsi che questi siano i trimestri di picco per la crescita europea che comunque dovrebbe mantenersi su livelli accettabili. Per l’inflazione la BCE stima che un rafforzamento del cambio del 10% causi un calo dei prezzi in 3 anni tra lo 0,6 e lo 0,8%. Questo però va messo in relazione con le spinte al rialzo operanti sui prezzi dalla ripresa della domanda interna. Anche alla luce di questi sviluppi il mercato continua a tenere in grande considerazione la prossima riunione della BCE, vedendola come un possibile game changer. Il premio sulle opzioni euro-dollaro call rispetto alle put è salito in settimana al livello più alto dall’agosto 2009. Più recentemente si è posto all’attenzione il problema della richiesta di indipendenza dalla Spagna da parte della Catalogna. Il Consiglio dei ministri spagnolo ha concordato di chiedere formalmente alla Generalitat de Catalunya di confermare se ha dichiarato l’indipendenza della Catalogna. La richiesta formale è necessaria per innescare l'articolo 155, sebbene la costituzione non stabilisca alcuna tempistica precisa.
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Le prospettive di Wall Street sono positive pur in presenza di valutazioni elevate. Si teme una maggiore volatilità legata anche all'imprevedibilità delle politiche che il neo presidente deciderà di attuare. Ne parla Andrea Nascè a Affari & Finanza.
Paolo Magri
Managing Director e President Advisory Board ISPI
Se il 2024 è stato un anno di profondi cambiamenti, alcuni attesi – come le elezioni europee e americane – e altri del tutto imprevisti, come il collasso del regime di Assad in Siria, il 2025 si annuncia come l’anno in cui i grandi attori mondiali saranno chiamati alla prova dei fatti. A trasformare insomma piani, promesse e ambizioni in azioni concrete.
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