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Il recente rapporto di Mario Draghi sulla competitività dell'Unione Europea ha segnato un passaggio centrale per il futuro politico ed economico dell’area.
Con una diagnosi chiara ma allo stesso tempo allarmante, l’economista, ex Presidente del consiglio ed ex numero uno della Banca centrale europea (Bce), ha spiegato che l'Europa ha di fronte a sé enormi sfide da affrontare. In alternativa, il rischio concreto è di rimanere schiacciata tra Stati Uniti e Cina e di imboccare la strada di «una lenta agonia».
Al centro ci sono crescita e produttività che per il Continente sono in rallentamento dall’inizio di questo Secolo. «Si sono succedute varie strategie per aumentare i tassi di crescita, ma la tendenza è rimasta invariata – ha detto Draghi -. Secondo diverse metriche, si è aperto un ampio divario nel Pil tra l’Ue e gli Stati Uniti, guidato principalmente da un rallentamento più pronunciato della crescita della produttività in Europa».
Le famiglie europee hanno pagato il prezzo della perdita del tenore di vita. Su base pro capite, il reddito disponibile reale è cresciuto quasi il doppio negli Stati Uniti rispetto all’Ue dal 2000.
Secondo il rapporto, per recuperare terreno, da ora in poi l'Europa dovrà mobilitare tra i 750 e gli 800 miliardi di euro l'anno, aumentando la quota di investimenti dal 22% al 27% del Pil. La cifra mammut ha fatto discutere. Si tratta, infatti, di un livello di sforzi che sono il doppio rispetto a quelli del Piano Marshall nel Secondo Dopoguerra. Il contesto attuale tuttavia è radicalmente diverso. Negli ultimi anni, infatti, sono emerse le dipendenze economiche ed energetiche dell'Europa e si sono rivelate come delle vulnerabilità critiche che richiedono un intervento urgente.
Che fare per dare una scossa alla Ue? Nel suo report, lungo oltre 400 pagine, Draghi ha esposto le ricette per il futuro. Tra queste un approccio che includa l'emissione di debito comune per finanziare progetti strategici in ambito digitale e green. Ma non si tratta di un passaggio semplice. La proposta ha, infatti, subito sollevato preoccupazioni riguardo alla gestione delle finanze pubbliche e alla possibilità che un debito centralizzato possa incentivare comportamenti fiscali irresponsabili. L’opposizione è arrivata in particolare dalla Germania con il ministro delle Finanze tedesco, Christian Lindner, che ha espresso il suo dissenso, avvertendo che le soluzioni strutturali non possono essere risolte attraverso l'indebitamento.
C’è però anche un altro aspetto cruciale del rapporto ed è la necessità di riformare il processo decisionale europeo. Draghi sostiene che l'attuale burocrazia ostacola la capacità dell'Ue di rispondere rapidamente alle sfide globali. La frammentazione delle politiche nazionali impedisce una risposta coordinata ed efficace, rendendo difficile per l'Unione affrontare le minacce emergenti come quelle provenienti dalla Cina.
In definitiva, le proposte di Draghi per riuscire davvero ad attecchire, richiedono un cambio di mentalità tra i leader europei. L'Unione deve passare da una visione basata su scambi commerciali a una più orientata alla sicurezza economica e alla sovranità strategica. Questo implica una maggiore cooperazione tra Stati membri e una volontà collettiva di investire in settori chiave come la tecnologia verde e la difesa.
Le parole di Draghi, già artefice del salvataggio dell’euro durante la crisi dei debiti sovrani, adesso rappresentano un'opportunità per l'Ue di ripensare le proprie politiche economiche e industriali in un contesto globale in rapida evoluzione. Occorrerà però fare i conti con le tante resistenze, in particolare sul debito comune.
In questo contesto, il futuro dell'Europa dipenderà dalla capacità dei suoi leader di trovare un equilibrio tra integrazione e autonomia nazionale. La strada da percorrere è impervia, ma le sfide attuali offrono anche l'opportunità di costruire un'Unione più forte e resiliente. Se l'Europa riuscirà a implementare le riforme necessarie senza compromettere la diversità che la caratterizza, potrà affrontare con successo le sfide del XXI secolo e riaffermarsi come attore globale competitivo.
Con il suo leggendario “Whatever it takes”, Mario Draghi è considerato il salvatore dell'euro. La promessa dell'allora Presidente della Banca Centrale Europea di fare tutto il necessario per preservare la moneta unica ha segnato la svolta nella crisi del debito europeo nel 2012.
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