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Euro e dollaro sono sempre dominanti nei portafogli. Ma un 20% di rupie o pesos può rendere. E stabilizzare.
Chi avesse puntato sulle valute estere all'inizio di quest'anno avrebbe, finora, contabilizzato solo perdite: dallo yen giapponese (-1%rispetto all'euro) al franco svizzero (-1,2%), dalla sterlina inglese (-1,8%) al dollaro (-6,2%). Un trend che si è accentuato da metà aprile. Diversificare su tutte le monete, però, è quello che si deve fare per costruire un buon portafoglio.
Quale potrebbe essere allora la quota giusta di titoli esteri per un investitore italiano non molto propenso a rischiare? Osservando i migliori gestori di fondi bilanciati globali si può constatare che adottano un'esposizione media in titoli in curo intorno al 24%. (...)
Andrea Rotti, direttore investimenti gestioni patrimoniali Ersel, nell'ambito dei paesi emergenti guarda con interesse alle valute di Messico ed lndonesia che esprimono tassi reali significativi.
Più in generale, però, Rotti ritiene che sia ragionevole allocare tra il 20% e il 30% del portafoglio in valute estere, di etnia metà circa dovrebbe derivare da investimenti obbligazionari, sia per cogliere le opportunità offerte dal debito emergente in valuta locale, sia per avere una diversificazione a livello globale nell'ambito dei titoli di Stato. Secondo Rotti, alcune valute possono essere mantenute in portafoglio strategicamente per il proprio comportamento nelle fasi di avversione al rischio, in particolare lo yen giapponese e anche i dollaro americano nonostante la sua valutazione fondamentale verso l'euro sia già congrua.
La scelta tra titoli denominati in valuta forte e in valuta locale rappresenta una decisione strategica importante se si vuole investire con successo in questi mercati. Parla Federica De Giorgis, Senior Financial Advisor Fixed Income di Ersel, a Funds People per il numero di settembre.
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