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Per decenni i giudizi delle principali agenzie di rating hanno condizionato i mercati finanziari, segnando la fortuna o la disgrazia di Stati ed aziende quotate. I giudizi positivi (quelli che indicano un'ottima situazione finanziaria e buone prospettive per il futuro) garantivano quotazioni sostenute ed in crescita, quelli negativi si traducevano in ribassi dei prezzi. Guido Giubergia, Presidente del Gruppo Ersel, ne parla a La Stampa.
I livelli dei rating (che vanno da un massimo di 3A ad un minimo di D) hanno influenzato anche il costo dell'emissione dei titoli, perché un giudizio elevato (sinonimo di sicurezza dell´investimento) consentiva all'emittente di offrire tassi d´interesse più bassi rispetto a chi godeva di un giudizio basso. E la variazione del livello provocava conseguenze sul mercato: un downgrade (abbassamento del giudizio) generava ribassi delle quotazioni dando un segnale di innalzamento del rischio. [..]
Attualmente il paese ha uno stiracchiato sei in pagella (tripla B, con outlook positivo), dovuto principalmente all´elevato rapporto debito/PIL (oltre 140%); una situazione ai limiti della "spazzatura". Eppure negli ultimi due anni il nostro paese ha fatto registrare segnali evidenti di ripresa (diminuzione della disoccupazione, crescita del PIL, trend borsistico migliore d´Europa, andamenti positivi dei propri titoli del debito pubblico, con uno spread che, specie nel corso dell´ultimo anno, è andato fortemente riducendosi); nonostante tutto ciò il giudizio delle agenzie è rimasto sostanzialmente invariato.
Ma perché non si guardano più le "pagelle" con la stessa attenzione di prima? É una domanda che si pongono non solo i risparmiatori, ma anche gli investitori istituzionali e gli esperti del mercato. Come ha osservato il dottor Guido Giubergia, Presidente di Ersel Banca Privata SpA.
"Dati i molti casi negativi del passato, il rating sta perdendo terreno nelle considerazioni degli investitori. Infatti troppe volte le società di rating hanno modificato i loro giudizi a cose avvenute e sono sempre in ritardo, sminuendo così l´importanza delle valutazioni". [...]
Per finire con una citazione più che autorevole, ricordiamo quanto affermato da Mario Draghi già nel 2012: "Bisognerebbe imparare a vivere senza le agenzie di rating!". E non scordiamoci che il mercato valuta anche altri fattori, come la durata del debito che in Italia è attualmente lunga, e mette al riparo il governo da tensioni di mercato, potendo contare su un capitale "consolidato". Negli anni ´90 la durata media del debito era di 3 anni, oggi è di 7 anni, ed il costo del debito è molto basso grazie agli anni di tassi prossimi a zero di cui l´Italia ha beneficiato. [...]
I mercati finanziari non possono crescere all'infinito. Partendo da questo assunto, bisogna constatare però che le Borse continuano a salire, toccando valori quest'anno che «sembravano irraggiungibili». Ne parla Guido Giubergia, Presidente di Ersel, a Il Sole 24ORE.
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