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La finanza e l’azione dei protagonisti del settore al centro della giornata di lavori di COP26. L’obiettivo “net-zero” al 2050 è al centro delle raccomandazioni non solo degli scienziati, ma anche degli stessi leader internazionali e si prospetta come un obiettivo centrale anche nei programmi degli attori finanziari. Ne parla a FundsPeople Valeria Ferrero, Responsabile ESG Strategy di Ersel.
L’appuntamento con il Finance Day del 3 novembre nella cornice della ricca agenda del meeting di Glasgow andrà a toccare una serie di snodi nevralgici nel sistema internazionale di finanziamento alla transizione climatica. In vista della giornata in cui l’inviato speciale delle Nazioni unite, Mark Carney, illustrerà i passi compiuti dal settore finanziario globale per il raggiungimento degli obiettivi di azzeramento delle emissioni di gas serra al 2050, FundsPeople ha interrogato alcuni protagonisti della finanza italiana, per capire quali sono le attese del settore e le strategie messe in campo per contribuire a questo appuntamento non più rinviabile.
Da un lato il climate change come realtà scientificamente accertata “da consistenti dati e da preoccupanti previsioni”, dall’altro la consapevolezza che “il rischio di sostenibilità è un rischio economico-finanziario”.
Valeria Ferrero, Responsabile ESG Strategy di Ersel, sottolinea come già con gli accordi di Parigi del 2015 si sia raggiunto l’ambizioso obiettivo della definizione di un target di incremento della temperatura terrestre entro 1,5°C rispetto al periodo preindustriale.
“L’Europa si è fatta parte attiva con politiche, normative e destinazione di budget consistenti – afferma Valeria Ferrero – e rappresenta oggi un esempio virtuoso che dovrebbe essere esempio per tutti i Paesi del mondo, con particolare riferimento a quelli che prendono parte a COP26 di Glasgow. Ma sembra non essere così”.
Il riferimento è al recente scoop della BBC “sulla lobby di alcuni Paesi che chiedono all’Onu di ridurre l’enfasi sulla necessità di tagliare drasticamente l’uso di combustibili fossili”. A questo si aggiunge poi “la messa in discussione degli aiuti ai Paesi in via di sviluppo verso la transizione verde. E da ultimo, la non banale defezione della Russia. Le premesse non sono le migliori e prevedere come finirà è difficile”.
Come intermediario, Ersel si dice però “ben consapevole” della necessità di sostenere il percorso verso la decarbonizzazione, “e siamo altrettanto consapevoli del fatto che non si possa puntare indiscriminatamente all’abbandono dell’uso dei combustibili fossili, senza considerarne l’impatto sociale”.
[Consulta le linee guida della sostenibilità di Ersel]
Per questo motivo la società si aspetta “una presa di posizione forte” dal meeting di Glasgow, “che sfoci in un’attribuzione precisa di responsabilità a tutti gli attori che operano sul mercato e in una chiara definizione di obiettivi raggiungibili e misurabili, lungo un percorso finalizzato non solo alla transizione energetica in termini di utilizzo delle risorse ma anche in termini di innovazione tecnologica. Continueremo a guardare imprese e startup che facciano di innovazione, ricerca e sviluppo un elemento essenziale dei propri percorsi di crescita”.
Perché alcuni Paesi sono ricchi e altri rimangono poveri? È una domanda che è sempre stata centrale nelle scienze sociali e in economia.
Nuove politiche per nuove tecnologie. L’anno che si è appena aperto potrebbe portare a nuove opportunità e la speranza è di un allentamento delle tensioni esistenti. Di sicuro, le innovazioni tecnologiche emergenti, come l’Intelligenza Artificiale, giocheranno un ruolo centrale nel 2024. A patto però che si rivelino un alleato anziché un nemico per la società.
Esiste anche un volontariato laico, a Torino, fatto di veri volontari e aziende che producono un benessere sociale, pur restando aziende. Paideia è una di queste realtà, nata dalla finanza tradizionale ed arrivata, crescendo, cambiando, adattandosi ad una nuova dimensione. Guido Giubergia, capo di questa impresa di famiglia e Presidente del Gruppo Ersel, parla a La Repubblica.
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