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Se ne parla ormai in tutti i contesti e in ogni tipo di conversazione. Da quando a fine novembre è stato presentato, ChatGPT si è diffuso come un virus.
ChatGPT, il programma di Intelligenza artificiale, che in un lampo risponde a domande scrive testi e sa creare immagini e musiche, già nella prima settimana dal lancio contava su più di un milione di iscritti. Da quel momento il passaparola ha fatto il resto. L’avanzata è stata inarrestabile e oggi milioni di persone in tutto il mondo interrogano ogni giorno il software alla scoperta dei progressi dell’Intelligenza artificiale. Certo ChatGPT non manca di errori e di inesattezze, usa schemi predefiniti e molte volte dà l’impressione di arrampicarsi sugli specchi. Il sistema però è solo ai suoi primi passi e l’ipotesi è che possa migliorare a gran velocità.
Altri tentativi di chat intelligenti erano già apparsi negli anni passati, per esempio Siri (Apple) e Alexa (Amazon), ma nessuno aveva raggiunto un modello di conversazione così avanzata e naturale nel padroneggiare la conoscenza umana. Siamo solo agli inizi di questa nuova frontiera e intorno a questo nuovo mondo c’è molto fermento: soltanto nella Silicon Valley oggi più di 150 start up stanno cercando di tradurre l’Intelligenza artificiale in nuovi modelli di business. I venture capitalist sono in coda per contribuire a finanziare il nuovo boom. Nel frattempo la discussione intorno a questa novità è accesa. Semplificando molto, le posizioni si dividono tra quelle dei «conservatori», che minimizzano la portata di ChatGPT, e quella degli «esploratori euforici» che all’opposto sono convinti di vivere l’inizio di una nuova rivoluzione.
Non mancano le opportunità ma ci sono anche tanti rischi. Certo è che le attese sono davvero grandi. Il dibattito è concentrato anche sui tanti cambiamenti che l’Intelligenza artificiale porterà all’economia globale e alla società nel suo complesso. Per ora l’obiettivo dichiarato da OpenAI, la fondazione non a scopo di lucro che ha messo a punto ChatGPT e che negli anni ha ricevuto finanziamenti miliardari da nomi dell’imprenditoria tech tra cui l’attuale Ceo Sam Altman, Elon Musk (Tesla), Peter Thiel (cofondatore di PayPal) e Reid Hoffman (cofondatore di LinkedIn), è quello di «Portare benefici a tutta l’umanità». Questo almeno è quel che si legge nello statuto dell’organizzazione.
Il timore però è che il nuovo bot e i suoi fratelli possano mettere sotto sopra il mondo. Fino ad ora i protagonisti indiscussi della rete sono sempre stati i motori di ricerca che hanno la funzione di guidare verso i siti online. La gran parte delle operazioni che facciamo in Internet partono da Google. In futuro, probabilmente, passeremo molto più tempo insieme all’Intelligenza artificiale da cui arriveranno risposte dirette ai nostri quesiti. Per questa ragione Microsoft ha già investito 11 miliardi in OpenAI. E ora la big tech è pronta a integrare l’IA nel suo pacchetto «Office» oltre che nel suo motore di ricerca «Bing». Con questa mossa, il colosso di Bill Gates conta di guadagnare terreno sui suoi rivali storici. Colossi come Google rischiano di scoprirsi con i piedi d’argilla e in un colpo solo Microsoft potrebbe spazzare via tutta la concorrenza.
Nel mirino non c’è soltanto Internet. Quel che accadrà è difficile da prevedere. Per cercare di orientarsi lo sguardo è rivolto al passato e i paragoni che circolano sono davvero tanti. Un’ipotesi suggestiva è che l’Intelligenza artificiale possa cambiare l’economia come ha fatto l’elettricità nel XX secolo. Se sarà così, vuol dire che nasceranno nuove industrie, nuove macchine e applicazioni di cui non possiamo immaginare ancora nulla. Intanto la meraviglia è grande, proprio come nel 1879 quando si accesero le prime lampadina elettriche. Chi allora le osservava, ancora non poteva immaginare l’arrivo, tanti decenni dopo, di innovazioni epocali come il computer e lo smartphone.
Alberto Prina Cerai
Junior Research Fellow ISPI
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Paolo Magri
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